Corso di formazione: il rapporto tra il coordinatore per la sicurezza e il RSPP

Online il 9 aprile 2021

Il corso è rivolto a ASPP/RSPP, Dirigenti, Preposti, Formatori, Coordinatori di cantiere, Datori di lavoro, Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti Industriali e a tutte le figure lavorative che si occupano di Qualità Ambiente e Sicurezza

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I criteri dei sistemi di gestione applicati al coordinamento della sicurezza

Come gestire un cantiere definendo un processo di misurazione e monitoraggio, a integrazione e supporto di quello definito dalla norma come responsabilità del coordinatore per l’esecuzione? Per fare questo la sequenza può essere:

  • definire cosa misurare, che naturalmente deve corrispondere o essere pertinente ai requisiti definiti dalla norma e agli obiettivi che ci si era dati in fase di redazione del PSC;
  • determinare come eseguire il monitoraggio e le misurazioni, nonché come svolgere il confronto con gli obiettivi; in pratica le tecniche di misurazioni e monitoraggio, attraverso le quali si ottiene un numero che definisce la prestazione;
  • stabilire quali saranno i criteri di valutazione;
  • stabilire quando eseguire monitoraggio e misurazioni, questo in rapporto a come si sviluppano i processi all’interno dei quali occorre eseguire la misurazione;
  • determinare quanto eseguire, valutare e comunicare i risultati, importante, in funzione a come si è deciso di articolare il processo della comunicazione, di cui al requisito 7.4, tenendo naturalmente conto dei requisiti stabiliti dalla legge, nel nostro caso, dall’art. 92. c. 1 lett. e).
Una proposta per una scheda per registrare i sopralluoghi in cantiere che consente di raccogliere indicatori numerici

Misurazione e monitoraggio implicano che gli strumenti per le registrazioni che siamo abituati a vedere utilizzate nei cantieri, più simili ad elaborati resoconti notarili, con tanto di invocazione apotropaica alla fine (il contenuto di questo verbale costituisce aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento), che a vere e proprie check list cambino il loro aspetto, predisponendosi per ospitare numeri (misurazioni) o, più appropriatamente, risultati del monitoraggio (conforme, non conforme).

Come rappresentare le osservazioni nel periodo

La definizione di cosa misurare o assoggettare a monitoraggio è la questione strategica da affrontare per prima: è consigliabile che le categorie siano sufficientemente ampie da consentire l’aggregazione dei risultati, ma non generiche da non poterne distinguere il contenuto. Tanto per estremizzare, una sola voce generale riferita alle condizioni del cantiere (soddisfacente/non soddisfacente) probabilmente non consente di entrare nel dettaglio delle possibili deviazioni. Ma anche una checklist ultra-specialistica (sono state ruotate in direzione verticale le copiglie alle estremità dei vermi?) è utile solo se il nostro ambito è, appunto, talmente particolareggiato. Se l’obiettivo è quello di verificare come vengono implementate le prescrizioni del PSC si può partire dal contenuto che la norma definisce per questo, come, ad esempio, esemplata sul contenuto del D.Lgs. 81/2008, All. XV punti 2.2.1, 2.2.2, 2.2.3 e 2.2.4.

Leggi l’articolo I numeri del coordinatore sul numero 1/2021 di Igiene & Sicurezza del Lavoro di Wolters Kluwer.

HSE Manager Wolters Kluwer Italia: Restiamo sul concreto | LinkedIn

Quando la Direttiva cantieri è stata introdotta in Italia, ci si è dimenticati di dare attuazione al suo sesto considerando, che osserva che le scelte progettuali o una carente pianificazione dei lavori sono la causa di più del 50% degli infortuni sul lavoro nei cantieri in Europa.

Leggi il post su HSE Manager Wolters Kluwer Italia: Restiamo sul concreto | LinkedIn

Le interferenze in cantiere

Durante l’esecuzione dei lavori è normale che gruppi differenti di lavoratori, appaltatori e subappaltatori impiegati per attività specializzate, eseguano le rispettive attività in condizioni di prossimità o promiscuità tra di loro. Questa condizione può causare incidenti e infortuni: l’identificazione dei pericoli introdotti nell’ambiente di lavoro da ogni gruppo o subappaltatore, e la valutazione delle relative interferenze, è lo strumento per identificare le azioni necessarie per mitigare questi rischi.

A livello organizzativo, la direzione del cantiere deve definire la progettazione costruttiva e la conseguente pianificazione delle attività lavorative e deve identificare, con il supporto dello specialista della sicurezza, qualsiasi situazione in cui è possibile che operazioni simultanee introducano rischi da interferenze nelle aree di lavoro; questi devono essere poi identificati per definire le appropriate strategie di mitigazione. Nella loro scelta è necessario riferirsi alle misure generali di tutela e ai principi della sicurezza incorporata nel progetto (safety by design): il concetto di applicare metodi per minimizzare i pericoli in fase progettuale. Nel caso le interferenze riguardino attività svolte da subappaltatori, allora sarà il caso di prevedere, nel processo di formalizzazione dell’accordo contrattuale, la preparazione, lo scambio e la condivisione della documentazione tecnica che possa supportare la valutazione dei rischi, quando è necessario. Questi possono essere, ad esempio, piani operativi di sicurezza, programmi dei lavori, ma anche schede di sicurezza dei materiali utilizzati e manipolati, assieme a informazioni su come saranno utilizzati, informazioni relative ad attrezzature e macchine.

Leggi l’articolo sul numero 6/2020 di Igiene & Sicurezza del Lavoro.

Nuovi costi da COVID-19: come incidono in un progetto edilizio?

Si è detto che il Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID–19 nei cantieri del 24 marzo 2020, reso efficace dai diversi DPCM è di difficile interpretazione prima e applicazione poi.

Alcune prescrizioni che riguardano la gestione economica della commessa, se possono essere considerate valide in un progetto in cui il committente è un soggetto privato, sono di difficile applicazione là dove sia applicato il Codice dei Contratti Pubblici, per il motivo che questo prevede che la questione economica di un progetto sia gestita secondo alcune regole, che sembrano essere sconosciute al compilatore del Protocollo condiviso…. Ci sono poi tante altre indicazioni, legate alla gestione concreta degli aspetti di sicurezza dei lavoratori, che non sembrano tenere in conto dei ruoli, delle responsabilità e delle competenze previste sistema della prevenzione istituito dal Decreto Legislativo 81/2008, il Testo Unico su Salute e Sicurezza sul lavoro.

Nuovi costi da COVID-19: come incidono in un progetto edilizio?

Ruoli organizzativi nei cantieri

Per la realizzazione di grandi progetti di costruzione vengono costituite organizzazioni ad hoc per organizzare e coordinare il lavoro di innumerevoli persone, che contribuiscono tutte al successo del progetto in ragione delle loro competenze, esperienze e attività. Normalmente queste opere vengono eseguite da grandi organizzazioni che sono dettagliatamente strutturate. Tipicamente la struttura “corporate” è articolata per dipartimenti tecnici e per aree geografiche: primi forniscono l’indirizzo ed il supporto tecnico alla squadra che si troverà ad operare in cantiere, mentre le seconde definiscono l’organigramma del cantiere, con personale interno o facendo ricorso al mercato locale o internazionale, in caso di particolari criticità. Può capitare però che più imprese si uniscano per eseguire queste opere, non tanto con il ricorso al subappalto, ma con la condivisione di risorse organizzative e tecniche. Questo avviene di solito quando il progetto affronta temi tecnici particolarmente sofisticati, per i quali sono necessari supporti specialistici, o quando l’entità della commessa è tale da suggerire una condivisione del rischio di impresa: un boccone che può essere troppo impegnativo per una sola organizzazione. Le forme in cui questo può avvenire in Italia sono fondamentalmente due: i consorzi o le società consortili e i raggruppamenti temporanei di imprese, mentre all’estero si parla genericamente di joint venture.

Leggi l’articolo sul numero 1/2020 di Igiene & Sicurezza del Lavoro.

L’attività ispettiva del CSE in cantiere

Per una corretta gestione delle responsabilità in capo al coordinatore per l’esecuzione, sarebbe bene che egli avesse a che fare in cantiere con un piano di sicurezza e coordinamento redatto rispettando rigidamente i criteri normativi, perché la responsabilità principale del CSE è verificare l’applicazione del piano. Se il piano è inadeguato, se – a parere del CSE – non prende in considerazione situazioni particolari, questi deve parlarne con il committente o il responsabile dei lavori, per trovare una soluzione condivisa. Allo stesso modo sarebbe opportuno che il coordinatore per l’esecuzione, nella sua operatività si attenesse strettamente al controllo delle prescrizioni del piano ed al comportamento previsto dalla norma. Esorbitare dal proprio ruolo, richiedere alle imprese prestazioni e documentazione non prevista né dal PSC né dalla norma non è un comportamento professionale, e la maggior parte delle volte diventa controproducente sotto il profilo dell’attribuzione delle responsabilità in caso di incidente: fare il mestiere di qualcun altro perché non si riesce a fare il proprio non è mai una politica produttiva.

L’attività ispettiva del CSE in cantiere

Quando si aggiorna il Piano di sicurezza e coordinamento?

Nei giorni scorsi su Linkedin è sorto un dibattito attorno una sentenza della Corte di Cassazione, cui è stata attribuita la decisione di considerare il verbale del coordinamento della sicurezza in cantiere come “automatico aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento”, immagino secondo le previsioni del D.Lgs. 81/2008, articolo 92 c. 1 lettera b), in cui si fa obbligo al Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, di adeguare “il piano di sicurezza e di coordinamento (…) in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute”.

Aggiornare o adeguare?

Devo dire che il fatto che si possa aggiornare o adeguare un PSC con un verbale di coordinamento non mi fa particolare impressione; che questo sia automatico o manuale è una condizione che credo abbia poco a che vedere, sia con gli obiettivi che la norma si pone, sia con gli strumenti che predispone a questo scopo. Ho sempre pensato che la frase di rito “questo verbale di coordinamento costituisce aggiornamento del Piano di Sicurezza e Coordinamento” non abbia alcuna effettiva funzione, se non quella apotropaica, di allontanare gli spiriti del male, nei quali comunque non credo. Sono sicuro non modifichi di un ette la sostanza del contenuto dell’azione descritta del verbale.
Credo piuttosto che la norma separi l’attività di coordinamento (D.Lgs. 81/2008, art. 92 c. lett. c) da quella di adeguamento (idem, ma lettera b), e che sia importante mantenerle separate, sia nell’interesse degli obiettivi – la prevenzione degli infortuni – che degli operatori, il CSE in primis, che devono essere in grado di dimostrare che il loro comportamento è stato aderente agli obblighi di legge.
Tutta la questione sembra stare in una domanda: quando è necessario adeguare o, meglio, aggiornare un Piano di Sicurezza e Coordinamento? Come tutti i piani, la risposta è il meno possibile: un piano nasce per pianificare gli eventi, e sono questi a doversi adattare ad esso e non viceversa. La necessità di sottoporre un piano a ripetuti adeguamenti è una cosa molto negativa, che deve fare sorgere il dubbio che siano necessari interventi più forti. Delle due l’una, infatti: o il piano è sbagliato, o gli esecutori non sono all’altezza.

I lavori seguono il piano o il piano i lavori?

Sì, ma, dice: “lavori hanno sempre uno svolgimento che non è mai esattamente quello progettato sia per quel che riguarda la cronologia dei lavori, con evidenti riflessi sulle interferenze, sia per le varianti anche minime in corso d’opera”. Già l’utilizzo dell’avverbio sempre è indicatore di una deviazione, che magari ha la sua origine in fattori che sono al di fuori dei lavori stessi, come ad esempio la professionalità dei soggetti coinvolti. Per quanto riguarda le varianti minime invece, i tecnici hanno impiegato più di vent’anni a convincere la magistratura che la sorveglianza del CSE è “alta”; questo significa che le varianti minime non dovrebbero avere impatto sulle previsioni del PSC. Aquila non captat muscas: le aquile non catturano le mosche; una riflessione molto spesso dimenticata dai coordinatori, che comunque sembra continuino ad ostinarsi in quello che in milanese moderno si dice micromanaging, quell’attitudine ad occuparsi degli aspetti minuti delle attività (il rischio specifico), che porta inesorabilmente a tralasciare la vista d’insieme, il coordinamento, che è invece il loro mestiere.
Veniamo nel dettaglio: un adeguamento del piano consiste nella modifica delle previsioni che originariamente esso conteneva. Il PSC è discretizzabile in tre parti: i rischi ed i loro controlli relativi alle situazioni che l’appaltatore può incontrare nell’area di lavoro, le modalità di organizzazione dell’area medesima, la valutazione dei rischi e i relativi controlli in relazione alla programmazione dei lavori e alle interferenze tra le lavorazioni. Il piano – dice la norma – contiene le “prescrizioni correlate alla complessità dell’opera da realizzare ed alle eventuali fasi critiche del processo di costruzione”. Quindi si tratta di prescrizioni, e non consigli, che devono essere correlate alla complessità dell’opera da realizzare, ovvero individuate secondo un principio di economia. Questo significa che devono essere motivate da effettive criticità e non gratuite: quando ci vogliono, se ci vogliono. Le scelte progettuali ed organizzative, dice sempre la norma, il D.Lgs. 81/2008 all. XV.2.1.1, devono essere conformi ai principi generali di tutela, quel procedimento logico per l’analisi dei rischi e la definizione dei controlli, che prevede che il rischio se possibile vada evitato e, se ciò non è possibile, gestito attraverso la sua riduzione, la predisposizione di barriere fisiche, di procedure o l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, secondo una scala di priorità che predilige le misure più efficaci.

Quando e cosa adeguare?

Quando e quali possono essere le condizioni che possono venire a modificarsi, “in relazione all’evoluzione dei lavori”? Le prime due parti del PSC, quella in relazione ai rischi presente nelle aree di lavoro e alle modalità di organizzazione della stessa, sono normalmente condizioni statiche, solo in alcuni casi (la seconda) a volte soggette a modificarsi con l’andamento dei lavori, per cui è verosimile pensare che gli unici “adeguamenti” che possono risultare necessari sono quelli dovuti ad errori od omissioni del CSP o a situazioni “impreviste e imprevedibili”. Siccome i costi degli apprestamenti previsti nel PSC vanno poi riconosciuti negli oneri della sicurezza, e noi avremo inclusi solo quelli necessari e non anche ciò che è solo consigliabile, è ragionevole pensare che un adeguamento possa portare alla necessità di riconoscere nuovi e/o diversi apprestamenti ed è quindi necessario passare attraverso una perizia di variante.
Se invece è l’affidatario, che intende strutturare differentemente l’organizzazione del cantiere o variare la qualità degli apprestamenti, questi non è autorizzato a procedere unilateralmente e non è il CSE il soggetto obbligato a “adeguare” il PSC di conseguenza. La norma, il D.Lgs. 81/2008 all’articolo 100 c. 5 prevede che l’affidatario sia vincolato al rispetto del PSC fino a che il CSE non abbia approvato una proposta di integrazione a questo, che l’impresa deve sottoporgli. Il CSE è autorizzato – si badi bene, non obbligato – ad approvarla quando questa meglio garantisca la sicurezza nel cantiere! Sarà il caso, quindi, che l’affidatario integri la sua proposta con una relazione in cui dimostri questo risultato, in maniera da facilitare la scelta del CSE.Le cose si complicano quando si ragiona sulla terza parte del PSC, quella della valutazione dei rischi e dei relativi controlli in relazione alla programmazione dei lavori e alle interferenze tra le lavorazioni. Questa è l’area dove effettivamente è più facile che si verifichino scostamenti tra quanto pianificato e quanto si va ad eseguire in effetti. Qui, di solito, ci si trova a lavorare in condizioni peggiori. Il problema principale è il ritardo, i tempi si comprimono e le interferenze aumentano. La chiave dell’azione del CSE però deve essere quella di identificare prioritariamente quali sono le cause per cui capitano le deviazioni, perché da questo dipende come queste dovranno essere trattate. Se le eventuali modifiche avvenute, come dice sempre l’art. 92 c. 1 lett. b), dipendono da decisioni prese dalla parte della committenza, ovvero committente, responsabile dei lavori o direttore dei lavori, è indubbio che il CSE se ne debba fare carico, eventualmente relazionandosi con il DL e il RL in caso siano necessari extra costi. Secondo le misure generali di tutela, il controllo dei rischi più efficace, e quindi da prediligere, è quello che annulla il pericolo. Trattandosi di interferenze lavorative, quindi, la misura che dovrebbe essere sempre valutata per prima è quella che vede l’interferenza stessa essere annullata da una conveniente programmazione dei lavori. La determinazione della durata dei lavori, però, è in carico al committente o al responsabile dei lavori (D.Lgs. 81/2008, art. 90 c. 1 lett. b), per cui il CSP (o il CSE in caso di modifiche in esecuzione) può trovarsi a non essere nelle condizioni di applicare la misura di tutela più efficace, rendendosi necessario quindi rivolgersi ad altre, di minore incisività. È perfettamente legittimo, quindi che le circostanze – ovvero le decisioni del committente o del RL – impongano al CSE un aggiornamento del PSC che si risolve in una minore tutela della sicurezza dei lavoratori rispetto alla edizione originale.

Rincorrere l’appaltatore o farsi seguire?

Se invece è l’affidatario che non riesce a rispettare la programmazione dei lavori, e quindi le modalità di gestione delle interferenze lavorative, che il CSE si presti a “adeguare” il PSC per rincorre le altrui inefficienze è profondamente sbagliato, perché nessuno accetterebbe di diminuire le richieste di un contratto, pagando il medesimo importo, solo perché la controparte non è in grado di rispettare i propri obblighi. In questa condizione consentire, e formalizzare con un “adeguamento”, una diminuzione delle tutele di sicurezza dei lavoratori, richieste dal PSC, può configurarsi anche come un reato commesso dal CSE. Sì, perché è facile immaginare un capo di imputazione suo a carico nel caso la genesi di un infortunio coinvolga uno di questi “adeguamenti” con diminuzione di tutele. Negligenza, imprudenza e imperizia sono le parole magiche.Il comportamento da consigliare quindi ad un CSE che si trovi ad avere a che fare con una impresa che inizi ad accumulare ritardi è quindi quello di avere un comportamento proattivo: muoversi per anticipare problemi più gravi, magari di concerto con il DL, e chiedere all’affidatario di presentare un piano per prevenire o recuperare il ritardo, completo di analisi dei rischi e definizione dei relativi controlli. Il CSE potrà approvare questo piano, quando ci saranno le condizioni previste dal D.Lgs. 81/2008 all’articolo 100 c. 5, ovvero quando sarà documentato che la tutela dei lavoratori aumenta. Una merce di scambio che sembra adeguata: l’appaltatore, per compensare il disagio che sta provocando a causa del suo ritardo, si impegna ad una maggiore diligenza in cantiere.
In conclusione, cosa si debba considerare in automatico un aggiornamento del PSC o le frasi fatte che si mettono in calce ai documenti, come incantesimi, sono questioni che possono rassicurare il profano: per le dinamiche dei progetti e gli obblighi stabiliti dalla legge occorre qualcosa di più. È la parte più attenta della professione, dei coordinatori in questo caso, che deve farsi carico di andare oltre la superficie, creando, spiegando e diffondendo le buone pratiche. Aspettarsi che il professionista di un’altra materia, il giudice o l’avvocato, indichi all’ingegnere o all’architetto come comportarsi vuole dire disertare dalle proprie responsabilità. Nessuno chiederebbe una cura ad un giudice solo perché ha condannato un medico.

Pubblicato per a prima volta su LinkedIn, il 29 novembre 2019

L’ebook sul coordinamento della sicurezza

L’ebook “Sicurezza nei cantieri: coordinamento in fase di progettazione e in fase di esecuzione” raccoglie una serie di articoli che, partendo dal confronto tra il testo della Direttiva Europea 92/57CE sui cantieri temporanei e mobili, con i vari testi di recepimento nell’ordinamento italiano che si sono succeduti negli anni, analizzano la reale prescrizione normativa, suggerendo le strategie più opportune per adempiere al dettato normativo, produrre piani di sicurezza e coordinamento coerenti con la norma e con gli obiettivi che si pone.

L’ebook approfondisce i temi dell’organizzazione del piano di sicurezza e coordinamento, in particolare in relazione ai contenuti richiesti dalla norma, del contenuto delle sue prescrizioni, in relazione agli aspetti tecnici e di responsabilità nei confronti del dettato normativo. Viene poi affrontato il tema della determinazione degli oneri della sicurezza, con l’individuazione di cosa debba essere riconosciuto e come, con un excursus dove viene approfondito il meccanismo dei formazione dei prezzi. Largo spazio è dedicato all’approfondimento dell’attività di coordinamento in fase di esecuzione, con l’analisi delle prescrizioni di legge e indicazioni sulle migliori strategie per ottemperare, ottenendo contemporaneamente una efficace azione di coordinamento. In ultimo, vengono analizzati alcuni comportamenti che negli anni sono venuti a fossilizzarsi nella pratica professionale, che però non sono giustificati dal dettato normativo e sono quindi potenzialmente pericolosi.

Puoi acquistare l’ebook “Sicurezza nei cantieri: coordinamento in fase di progettazione e in fase di esecuzione”a questo link.

Sollevamenti

Le operazioni di sollevamento in cantiere sono quelle attività per mezzo delle quali un carico, che può consistere in materiale sciolto contenuto in un recipiente, sacchi, pallets, parti di strutture come travi o telai così come attrezzature, viene sollevato da un livello ad un altro per mezzo di attrezzature progettate e realizzate specificamente per questo scopo e dei relativi accessori, concepiti per fungere da elemento di adattamento tra le caratteristiche del carico e le specifiche del mezzo di sollevamento.

Queste attività sono da sempre una condizione pericolosa. Le grandi dimensioni delle attrezzature coinvolte e l’entità dei carichi movimentati, in caso di incidente possono provocare conseguenze drammatiche. Senza pretesa di esaustività, durante una operazione di sollevamento:

  1. il carico può cadere, del tutto o solo in parte;
  2. il mezzo di sollevamento, gli accessori (catene, funi e brache) e il carico stesso può entrare in contatto con linee elettriche aeree che si sviluppano in prossimità dell’area di lavoro, scaricando il potenziale elettrico verso terra attraverso il mezzo di sollevamento stesso. Oppure, nel caso di linee ad alta tensione, può essere sufficiente avvicinarsi alla linea in tensione per provocare un arco elettrico.
  3. Un sollevamento mal gestito può condurre ad urtare, con il carico o con il mezzo di sollevamento, edifici o strutture vicine all’area di lavoro, con i pericoli conseguenti alla perdita di controllo del carico o alla caduta di materiale dall’alto.
  4. Il mezzo di sollevamento può inclinarsi, fino a ribaltarsi, a causa del cedimento del terreno su cui lavora.
  5. Infine, il mezzo di sollevamento può ribaltarsi, a causa di operazioni durante le quali vengono superati i limiti di equilibrio del sistema, normalmente in fase di traslazione o abbassamento del carico.

Leggi l’articolo sul numero 10/2018 di Igiene & Sicurezza del Lavoro.