Committenti stranieri in Italia? Safety first, ma sul serio. Intervista a Luca Mangiapane
Ingegnere che da anni lavora nel settore HSE, Mangiapane ci racconta problematiche e tranelli della sicurezza sul lavoro in presenza di committenti stranieri attivi sul suolo italiano Luca Mangiapane è un professionista di sicurezza e ambiente, che da anni collabora con imprese straniere che hanno i propri stabilimenti produttivi in Italia.
Ingegner Mangiapane, quali sono i paesi di origine delle organizzazioni con le quali lavora e trova che il loro approccio a sicurezza e ambiente sia differente da quello delle omologhe imprese italiane? Le organizzazioni “straniere” con cui collaboro ormai da diversi anni sono delle multinazionali operanti nel settore dell’energia, dell’alimentare e del farmaceutico che nel loro approccio alla sicurezza fanno riferimento ad esperienze proprie dei loro paesi di origine e cioè al mondo anglosassone. Però lo stesso tipo di approccio alla sicurezza sul lavoro lo sto riscontrando anche in una multinazionale del farmaceutico italiana. L’approccio di questi miei clienti è particolare, perché quando dicono “la sicurezza prima di tutto” è proprio così: la sicurezza inizia dal progetto dove gli specialisti della sicurezza sul lavoro e del cantiere affiancano da subito i progettisti perché la sicurezza del lavoro inizia dal progetto (safety by design), per poi proseguire in ogni fase del progetto perché la sicurezza dei lavoratori e la tutela ambientale sono aspetti fondamentali che non possono essere neppure minimamente trascurati. La politica della sicurezza di uno dei miei clienti recita: “se un progetto sta rispettando budget e tempistica, ma ha è anche minimamente carente sotto il profilo della sicurezza e dell’ambiente allora è un fallimento”. Se è necessario fermare i lavori, per mancanza di sicurezza, non esistono considerazioni che possano scavalcare questa decisione. Io seguo alcuni loro importanti cantieri come coordinatore per la sicurezza, ed ho un rapporto molto positivo perché loro hanno grande considerazione per questo ruolo. Quello che si chiede è che, a fronte di segnali anche molto deboli, occorre subito dare una risposta forte per tenere sotto controllo la situazione. Un altro aspetto rilevante è la proceduralizzazione: non c’è spazio per l’improvvisazione, tutto deve essere valutato e proceduralizzato. Tutto parte dalla analisi e valutazione dei rischi.
Committenti stranieri in Italia? Safety first, ma sul serio. Intervista a Luca Mangiapane
Categoria: Coordinamento per l’esecuzione
Coordinamento per la sicurezza nel cantiere: nove cose da evitare
Coordinamento per la sicurezza nel cantiere: nove cose da evitare Dal linguaggio sbagliato alla documentazione non richiesta, da subaffidamenti spericolati a team di lavoro non idonei: una lista di ‘cattive pratiche’ per il coordinatore della sicurezza nei cantieri
Manuali e articoli sulla stampa specializzata normalmente descrivono i comportamenti che devono essere tenuti nello svolgimento delle attività professionali. Il recepimento in Italia della direttiva europea 92/57/CE sul coordinamento della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, con la sua concreta applicazione, hanno visto in questi anni il fiorire di una serie di “bad practices”, di cui siamo ancora ben lungi non solo da liberarci, ma da riconoscere come tali. L’analisi dei problemi che si verificano durante il coordinamento per la sicurezza nel cantiere L’idea di questo articolo è quella raccogliere gli esempi più frequenti ed analizzare i problemi che essi possono creare durante il coordinamento per la sicurezza nel cantiere e che possono essere di gran lunga più impegnativi di quelli che possono risolvere. Il motivo principale di questi comportamenti è dovuto al fatto che il concetto di “piano” era largamente non esplorato all’interno della categoria dei tecnici che si sono trovati ad applicare la norma. “Piano” presuppone un articolazione di intenti in un periodo temporale. I tecnici italiani erano più adusi al concetto di “progetto”, che presuppone la manipolazione di quantità materiali. E così il piano della sicurezza, da insieme di regole e di informazioni, si è trasformato in un “progetto della sicurezza”, con forniture di materiali oggettivamente riscontrabili, e pagabili: i famigerati oneri della sicurezza che il mondo ci invidia.
Coordinamento per la sicurezza nel cantiere: nove cose da evitare
Coordinamento della sicurezza: dieci cose da non fare
Manuali e articoli sulla stampa specializzata normalmente descrivono i comportamenti che devono essere tenuti nello svolgimento delle attività professionali. Il recepimento in Italia della direttiva europea 92/57/CE sulla sicurezza nei cantieri temporanei e mobili, con la sua concreta applicazione, hanno visto in questi anni il fiorire di una serie di “bad practices”, di cui siamo ancora ben lungi non solo da liberarci, ma da riconoscere come tali.
Da qui è nata l’idea di questo articolo: raccogliere gli esempi più frequenti ed analizzare i problemi che essi possono creare, di gran lunga più impegnativi di quelli che possono risolvere. Il motivo principale di questi comportamenti è dovuto al fatto che il concetto di “piano” era largamente non esplorato all’interno della categoria dei tecnici che si sono trovati ad applicare la norma. “Piano” presuppone un articolazione di intenti in un periodo temporale. I tecnici italiani erano più adusi al concetto di “progetto”, che presuppone la manipolazione di quantità materiali. E così il piano della sicurezza, da insieme di regole e di informazioni, si è trasformato in un “progetto della sicurezza”, con forniture di materiali oggettivamente riscontrabili, e pagabili: i famigerati oneri della sicurezza che il mondo ci invidia.
La norma, inoltre, è stata riscritta malamente dal legislatore italiano. I motivi sono in parte la distanza culturale di cui si è scritto sopra, in parte un atteggiamento ipocrita e massimalista. Come si può definire, infatti, il meccanismo per cui le originali indicazioni della 92/57/CE sono state aumentate di numero, complicate e si è provveduto ad introdurne di nuove, spesso nella negligenza di quello che era l’ordinamento generale?
Il meccanismo sanzionatorio, infine, è appunto, solo sanzionatorio e, di fatto, non prevede la possibilità di interloquire o di negoziare con gli enti preposti al controllo dei cantieri. Di fatto al tecnico o alle imprese sanzionate per un reato di puro pericolo è più conveniente pagare la sanzione pecuniaria piuttosto che discuterla in un tribunale. Una valutazione più competente e più distaccata ha saputo farsi largo in gran parte solo con sentenze per incidenti, in Cassazione, provocando allineamenti alle reali disposizioni di legge nelle valutazioni in tempi lunghissimi.
Leggi l’articolo sul numero 6/2018 di Igiene & Sicurezza del Lavoro.
VTP e POS
Nella dinamica del titolo IV del D.Lgs. 81/2008 l’impresa di costruzione va selezionata, sulla base di criteri che privilegiano una adeguata capacità di eseguire le opere da costruire e chiamata a definire le modalità esecutive del proprio lavoro, attraverso la redazione di un proprio piano di sicurezza, da considerare “complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento”, preparato per il progetto (D.Lgs. 81/2008 art. 92 comma 1 lettera b).
La valutazione dell’idoneità tecnico professionale di un potenziale appaltatore, così com’è descritta all’allegato XVII, è un adempimento meramente formale. Limitarsi solo a questo, addirittura può diventare fonte di problemi, tale è la distanza dal reale obiettivo che il testo unico si pone: valutazione del “possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine e di attrezzature, in riferimento ai lavori da analizzare”. Un’analisi condotta secondo i criteri dell’allegato XVII, nulla dice riguardo alla capacità dell’impresa di realizzare professionalmente l’opera e ancora di meno in relazione alla capacità di svolgerla in sicurezza.
Per meglio tutelarsi in relazione non solo ai possibili incidenti, ma anche riguardo agli investimenti economici necessari per un progetto, sarebbe opportuno che i committenti organizzati elaborassero una strategia per i criteri di affidamento dei lavori: le imprese candidate dovrebbero essere analizzate sotto diversi profili, alcuni di questi elencati direttamente dalla norma. Partendo appunto da questa, è fondamentale dimostrare il possesso di capacità organizzative, attraverso informazioni su precedenti lavori analoghi eseguiti, magari con lettere di referenze dei committenti, l’organigramma aziendale, della commessa con i curricula dei tecnici nelle posizioni principali. Le certificazioni relative all’implementazione di sistemi di gestione, della qualità, della sicurezza o ambientale, dovrebbero essere richieste in questo momento, magari riservandosi di sottoporre i candidati selezionati ad audit, per appurare direttamente come i sistemi sono implementati e con quali risultati.
Leggi l’articolo sul numero 5/2018 di Igiene & Sicurezza del Lavoro.
Il coordinamento in esecuzione
Il comportamento del coordinatore in fase di esecuzione è regolato dalla legge: ciò significa che gli obiettivi di salvaguardia che questa si pone devono essere raggiunti con gli strumenti ed i comportamenti che essa prevede. Non si può chiedere a questa figura di farsi carico degli obiettivi e delle responsabilità che fanno capo ad altri, così come non è opportuno che costui adotti, o che il PSC richieda, comportamenti non previsti dalla norma. La violazione di queste prescrizioni può essere sanzionata penalmente e può essere causa di un coinvolgimento in un processo, in caso di infortunio, sia che questi sia stato negligente nell’applicazione di quanto la legge mette a suo carico, sia che abbia esorbitato dal suo ruolo, andando ad occuparsi si obblighi a carico di altre figure.
Leggi l’articolo sul numero 4/2018 di Igiene & Sicurezza del Lavoro.
Oneri della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili: normativa, stima, consigli
Oneri della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili: normativa, stima, consigli Dal Testo Unico al calcolo standard, dalla formazione dei prezzi alla prescrizione: consigli e riflessioni sulla quantificazione degli oneri di sicurezza
Questo approfondimento sugli oneri della sicurezza è un estratto dall’ultimo numero di ISL – Igiene e Sicurezza sul lavoro, la storica rivista edita da Wolters Kluwer dedicata alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Scarica qui un numero omaggio e verifica le offerte a disposizione
La locuzione “oneri della sicurezza” è inevitabilmente fuorviante: suggerisce infatti che riguardi tutte le spese che vengono sostenute per la sicurezza in cantiere e, per questo, è stata alla base di riserve che hanno millantato un principio di integrale corresponsione degli oneri della sicurezza, di cui non vi è traccia nella Direttiva come nella norma italiana. Meglio era la definizione contenuta nel D.P.R. n. 222/2003, che parlava di valutazione, in relazione alla tipologia dei lavori, delle spese prevedibili per l’attuazione dei singoli elementi del piano, che individuava fin dal titolo la necessità di computare nient’altro che le prescrizioni previste dal PSC.
Oneri della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili: normativa, stima, consigli