Nel mondo estremamente frammentato dell’edilizia italiana, può accadere che il committente si trovi ad avere affidato i lavori ad una organizzazione che, a questo punto, diventa l’impresa affidataria, senza che però questa abbia l’intenzione di eseguire alcuna attività produttiva in cantiere, avendo deciso di affidarsi completamente al subappalto. Come deve essere gestita questa condizione? In che modo si declinano gli obblighi e le responsabilità che il Testo unico per la sicurezza prevede, in queste circostanze?
In qualsiasi modo la si voglia porre, una impresa affidataria non può essere solo una scatola vuota, con l’unica funzionalità di ufficio acquisti, per selezionare i subappaltatori che si occuperanno di eseguire l’opera. La norma, infatti, mette in carico al datore di lavoro di essa una serie di incombenze, delle quali solo alcune possono essere svolte senza mettere piede in cantiere. L’articolo 97 del Titolo IV richiede la presenza di dirigenti e preposti, che debbono essere adeguatamente formati (comma 3-ter), per potere gestire adeguatamente le incombenze dei commi 1, 2 e 3.
La prima volta che sono entrato in un tunnel per lavoro è stato tanti anni fa. L’azienda per cui lavoravo stava scavando una galleria idraulica in Calabria. Il tunnel era scavato in una roccia che credo fosse granodiorite: un minerale in cui la massa scura è lumeggiata da intrusioni di cristalli di plagioclasio e di quarzo. Sotto la luce artificiale, le pareti della caverna scintillavano come nella miniera dei sette nani.
Poi sono passato a lavorare alle prime gallerie della variante autostradale di valico: grandi tunnel che andavano oltre i tredici metri di diametro, che però facevano molta più paura. L’ammasso in cui venivano scavati non aveva la stessa nobiltà di quello del piccolo tunnel in Calabria, ma era poco più di fango scuro consolidato. La galleria era un buco nero, che assorbiva tutta la luce delle fotoelettriche e si lavorava sempre nella melma fino alle caviglie. Le scarse caratteristiche meccaniche del materiale attraversato rendevano poi necessario adottare tecniche estremamente cautelative nei lavori. Pensateci anche voi: scavare un buco nel fango è molto diverso che farlo nel granito. E diverso, quando ci devi mettere degli uomini dentro, significa pericoloso. Molto.
I sollevamenti sono tra le operazioni più comuni in cantiere. Non ci sono solo le gru, ma anche le autogrù, i muletti, i sollevatori telescopici. Si solleva per scaricare il camion che porta le attrezzature o i materiali, per issarli ai piani o per calarli negli scavi. Le operazioni con le gru attirano sempre gli sguardi: anche chi passeggia per strada e vede una gru di un cantiere alzare qualcosa, si ferma per guardare volare nell’aria un cassone, un gruppo elettrogeno. Spesso con la bocca aperta per la meraviglia, come un bambino.
Il Titolo I del D.Lgs. 81/2008 stabilisce i criteri per l’organizzazione delle aziende sotto il profilo della sicurezza. Sappiamo tutti che alla struttura gerarchica viene affiancato un ruolo, il Servizio Prevenzione e Protezione, che non dipende da questa, ma è inteso fornirle un aiuto professionale e specializzato a supporto delle scelte di politica, organizzazione e tecniche, che possono avere ripercussioni sulla tutela dei lavoratori. Il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione, di cui la legge stabilisce le competenze e le capacità professionali, non dirige il servizio, e questo proprio a ribadire la sua distanza dalle decisioni aziendali, ma lo coordina (art. 2 c. 1 lett. f), su designazione del datore di lavoro. Occorre dire che, nella pratica professionale corrente, il RSPP è diventata una figura dotata del suo rilevante carico di operatività: in realtà non si limita ad osservare l’azione sviluppata dalle figure della linea, sollevando una bandierina come il guardalinee quando vede un fallo, ma può essere chiamato dalla propria organizzazione a presidiare a vario titolo i processi impegnativi del sistema.
Nei progetti edili è possibile che questi ruoli possano interagire a vario titolo. Ci sono due condizioni che configurano quattro diversi aspetti del rapporto tra RSPP e coordinatori: i cantieri di edilizia ordinari e quelli che si sviluppano all’interno di stabilimenti produttivi.
La predisposizione di un sistema efficace per la protezione dei lavoratori non può prescindere dalla definizione di situazioni in cui è necessario produrre delle registrazioni. Che queste, poi, siano cartacee, può essere anche visto come un sintomo dell’arretratezza che si sconta tutti i giorni in cantiere. La rivoluzione tecnologica che ci ha dato i dispositivi portatili come palmari e cellulari ha da tempo messo a disposizione alle organizzazioni modalità più efficaci di quelle dei “pizzini” per gestire le informazioni: esistono soluzioni industriali consolidate, già disponibili ed espressamente studiate per migliorare la produttività delle organizzazioni che le adottano. La chat di WhatsApp di cantiere non è una soluzione granché brillante, adatta giusto a quelle imprese che possono vantare un organico di 2,6 addetti (organico medio delle imprese italiane di costruzioni, secondo ANCE, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili).
Una registrazione può essere definita come il supporto fisico o informatico di una informazione. In un sistema produttivo la necessità di eseguire registrazioni deve essere giustificata, perché altrimenti è uno spreco di risorse. Tra i motivi per i quali è opportuno compiere registrazioni:
un requisito legale;
la necessità o l’opportunità di volere esaminare il contenuto delle registrazioni in un secondo tempo, per analizzare le attività cui queste si riferiscono, in maniera singola o aggregata.
Una registrazione, poi, può essere uno strumento di una strategia più elaborata, che integra uno o entrambi i motivi elencati sopra in un processo finalizzato a fornire istruzioni passo-passo alla persona che esegue la registrazione. È il caso, ad esempio, delle check-list, che forniscono alla persona che la compila sia il supporto che le informazioni base per fare le scelte che dovrà registrare. In questo caso, la registrazione è un veicolo per l’informazione che va nei due sensi: non solo dalla persona che la compila verso l’organizzazione, ma anche da questa in direzione del compilatore.
Non si può dire che il Titolo IV del Decreto Legislativo 81/2008 abbia avuto un particolare successo: il recepimento italiano della direttiva 92/57/CEE è una norma involuta, che è stata scritta da qualcuno che non aveva particolari conoscenze relative al settore economico che andava a regolamentare.
Per questo motivo, è stata calata dall’alto nel mondo dell’edilizia, con il semplice effetto di creare un nuovo processo, che si è affiancato a quelli esistenti, senza influenzarli più di tanto, al netto di poche esperienze positive, che risaltano tanto più in quanto svettano in un panorama di mediocrità desolante. Tra le varie cose, l’interfaccia tra gli obblighi previsti dal Titolo I, che stabilisce i criteri con i quali è necessario organizzare l’azienda con l’obiettivo della protezione e prevenzione dei rischi, e quelli previsti dal Titolo IV, relativo ai soli cantieri temporanei e mobili, è di difficile interpretazione.
Il Titolo I e il Titolo IV del D.Lgs. 81/2008 sono intesi gestire due condizioni distinte, che però in alcune situazioni possono sovrapporsi. Questo corso individua le situazioni in cui il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e il Coordinatore per la sicurezza possono entrare in contatto, e analizza gli obblighi e le responsabilità di queste figure, a seconda dei punti di vista:
il RSPP di una impresa di costruzioni, e il Coordinatore di un progetto in cui questa opera;
il RSPP di uno stabilimento industriale, e il Coordinatore delle opere edili che vengono eseguite al suo interno.
I social che si rivolgono ai professionisti possono essere senz’altro un fattore positivo nello sviluppo di un’attività: migliorano la possibilità di sviluppare contatti e di essere aggiornati sulle novità. L’esperienza però può diventare deludente quando si tratta di scambiarsi opinioni, specialmente se si utilizzano le sole possibilità fornite dai post. Le limitazioni dei contenuti, poche centinaia di battute, impediscono di sviluppare discorsi anche solo appena approfonditi. Inoltre, sempre i post, sembrano essere stati ideati come sostitutivi della normale conversazione, ma la mancanza di tutto l’apparato di comunicazione indiretta, postura, atteggiamento, espressione del volto e del corpo, possono generare e generano di frequente fraintendimenti. È facile percepire come aggressivo quello che non è o che non vuole essere, e allora la conversazione trascende.
Qualche giorno fa, su LinkedIn, mi sono imbattuto in un post relativo all’articolo Compiti del CSE: piani di sicurezza, cooperazione e coordinamento, pubblicato sul benemerito portale Punto Sicuro, che da oltre vent’anni produce contenuti di qualità. Leggendolo, ho notato un paio di cose che ho pensato meritassero essere discusse, con lo scopo – come si diceva una volta – del miglioramento della professione. Siccome non ho nessun interesse a fare polemiche, e mi è sembrato che il mio intervento fosse stato frainteso, ovvero che mi fossi spiegato male, ho deciso di prendermi lo spazio necessario ad articolare il mio pensiero.
Il CSE “non ha richiesto”
In quell’articolo sono rimasto colpito in particolare da un dispositivo della sentenza della Cassazione Penale, Sezione Quarta, numero 2845 del 25 gennaio del 2021, che contesta il comportamento omissivo del CSE perché questi non aveva “richiesto alla ditta appaltatrice l’osservanza di corrette procedure di lavoro”.
La mia opinione è che questa sia una scelta infelice di parole, tanto più che il concetto cui fa riferimento, viene ripetuto poco oltre – “per non avere sollecitato l’appaltatore alla messa a norma del ponteggio”. Ho sempre pensato che il comportamento che deve essere richiesto quando una qualche figura ha delle responsabilità stabilite da una legge, fosse quello richiesto nella legge stessa, ma non leggo in nessuna delle lettere dell’articolo 92 c. 1 del D.Lgs. 81/2008 che il CSE abbia l’obbligo di richiedere e sollecitare all’appaltatore il rispetto delle norme. A prescindere che esse derivino da norme di legge (la protezione dei lavoratori in generale), o da un contratto ed una legge (il contenuto del PSC). Il CSE, nel caso osservi violazioni al contenuto del PSC o, più in generale, alle buone prassi nella sua accezione più ampia – è così che definirò in maniera molto ampia il contenuto degli articoli 94, 95, 96 e 97 comma 1 – non chiede o sollecita: contesta per iscritto e segnala al committente o responsabile dei lavori, con le modalità stabilite dalla lettera e), sempre dell’art. 92 c.1. In caso di pericolo grave e imminente, direttamente contestato, sospende i lavori. Punto.
Per approfondire, questo articolo esamina gli obblighi definiti dall’articolo 92 del D.Lgs. 81/2008
Oserei anzi dire, che se mi trovassi in una condizione in cui mi accorgo che il CSE ha documentato di avere “richiesto o sollecitato” il rispetto delle regole, senza percorrere i passi appena ricordati, e questa richiesta e sollecitazione entrasse nel nesso di causalità che sfocia in un infortunio, beh, mi sentirei dispiaciuto per il collega che, non avendo compreso bene quali sono gli obblighi legali del ruolo che ricopre, si è incastrato con le proprie mani.
Sì, ma dice, “le opportune azioni di coordinamento e controllo – e qui invece stiamo parlando del comma a) dell’articolo 92 – consistono esattamente nel richiedere e sollecitare la conformità al PSC e alla corretta applicazione delle procedure di lavoro in sicurezza”.
Coordinamento e controllo
Questa posizione non mi convince. La prima ragione è quella che ho esposto: la legge stabilisce già cosa fare in caso di deviazione dalla norma, senza dire – tra l’altro – che prima è necessario fare un tentativo, diciamo così, conciliatorio: appaltatore che non rispetti le regole, te lo chiedo una volta, poi avviso il committente o il RL. No, non è così.
Suggerimenti su come articolare l’attività ispettiva in cantiere del CSE
Il secondo motivo è, diciamo così, più sottile. Come è noto, il titolo IV del D.Lgs. 81/2008 deriva da una serie di riscritture della direttiva 92/57/CEE, che definiva regole e processi per la gestione della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili. Nonostante i travisamenti che i concetti originali hanno subito, il pensiero di fondo rimane ancora: si tratta di una norma che ha come obiettivo regolare i processi nei progetti di ingegneria civile e non quello di determinare colpevoli. Se provate a leggere la direttiva originale, non troverete da nessuna parte che uno dei ruoli definiti dalla norma ha la responsabilità di controllare che gli altri rispettino le regole. Non c’è scritto da nessuna parte, ad esempio, che il coordinatore in fase di esecuzione verifica la corretta applicazione delle procedure di lavoro in sicurezza da parte dell’appaltatore.
Se ora, con in mente questo concetto, leggete la lettera a) dell’art. 92 del D.Lgs. 81/2008, scoprirete chenon lo chiede nemmeno il Testo Unico: il CSE verifica che il contenuto di un patto contrattuale, “rinforzato” dalla legge, il PSC, sia applicato dagli appaltatori. Lo fa con azioni di coordinamento, ovvero ordinando le lavorazioni in sequenze organiche nei principi delle misure generali di tutela, e di controllo, e quindi esaminando quanto predisposto dall’affidatario allo scopo di garantirne la conformità a quanto previsto dal PSC.
Ho ricoperto il ruolo di coordinatore in progettazione e di coordinatore in esecuzione per sedici anni, con oltre dieci miliardi di euro di incarichi svolti, giungendo ad essere il riferimento per oltre settanta tecnici impegnati nel coordinamento della sicurezza in tutta Italia.
La pratica professionale
Il CSE non ha la necessità di “richiedere” le cose. L’appaltatore è già obbligato, a questo proposito. Lo dice la legge. Se entriamo nello specifico del cantiere, il fatto che il PSC sia “parte integrante del contratto di appalto” (art. 100 c. 2), fa sì che il suo contenuto sia stato accettato nel momento della sottoscrizione del contratto. L’appaltatore è obbligato, mica glielo devo chiedere!
No perché, sapete, la pratica professionale si evolve anche con la lettura delle sentenze di Cassazione negli articoli sui portali e sui social. Alcuni coordinatori poco riflessivi, già svolgono alcune attività che non hanno nulla a che fare con i propri obblighi di legge, tipo raccogliere i certificati di idoneità alla mansione o le ricevute dei DPI. Hanno visto qualcun altro farlo e gli è sembrato furbo, anche se in realtà sono comportamenti che infrangono qualche legge, ad esempio quella sulla protezione dei dati personali, o potrebbero essere usati per ipotizzare profili di responsabilità, secondo l’articolo 299, esercizio di fatto di poteri direttivi, o per colpa generica. Non vorrei trovarmi, la prossima volta che farò un audit in un cantiere, o una consulenza per un incidente, un bel modulo nuovo nuovo, in cui il CSE chiede all’appaltatore il rispetto delle norme…
Si commentano le sentenze?
Ogni tanto si sente dire che le sentenze non si commentano. E perché? Una sentenza è un artefatto umano, e quindi soggetto ad essere migliorabile, come qualsiasi altro prodotto dell’uomo. In fondo, anche l’atteggiamento della Corte di Cassazione nei confronti del CSE è cambiato nel tempo, passando da considerarlo il perno della sicurezza, anche qui una espressione infelice, ad un ruolo di alta direzione. E immagino che una parte, magari piccola, di questo mutamento sia da attribuire alle discussioni che negli anni sono state fatte nei corsi, nei convegni e nei social.
Credo che sia responsabilità della parte migliore della professione articolare le analisi ed i ragionamenti, spiegarsi senza nascondersi dietro slogan o affermazioni apodittiche, che si suppone non abbiano bisogno di essere dimostrate, con il sottinteso che se non lo sai è perché non sei all’altezza. Il nostro obiettivo deve essere quello di fornire argomenti ad un dibattito misurato e civile.
Il panorama delle costruzioni italiane è desolante: l’impresa media ha 2,6 addetti (dati ANCE). Ciò significa che l’organizzazione e le tecnologie mediamente sono a questo livello: di 2,6 addetti. Anche i giganti sono tali solo se considerati in relazione al nostro paese: la nostra più grande impresa è al diciottesimo posto nell’indagine internazionale che tradizionalmente viene eseguita da Guamari, la società di ricerca specialistica (rapporto 2020), con un giro d’affari dell’87% più basso della prima. Le altre sono al 38mo e al 50mo. Prima delle nostre ci sono, naturalmente, i cinesi, ma anche francesi, spagnoli, svedesi, austriaci e inglesi. Nel mondo moderno tecnologie e organizzazione sono il fattore chiave della competitività ed essere in ritardo è un problema. Il 62% delle imprese edili italiane è formata da un solo addetto, il 96% da un numero fino a nove (dati ANCE). Con questi numeri, l’aspettativa di imbattersi in una organizzazione che abbia contezza dei processi e dei requisiti normativi per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, è veramente bassa.
Di qui la scelta di redigere questo prontuario delle figure chiave della salute e della sicurezza nei cantieri, descrivendone con semplicità ed in modo diretto i comportamenti che la norma si attende, partendo naturalmente dai concetti espressi dal Titolo IV del Decreto Legislativo 81/2008, che è il riferimento per chi opera in questo settore produttivo.
Puoi scaricare il prontuario, dopo la registrazione, a questo link.
Il corso è rivolto a ASPP/RSPP, Dirigenti, Preposti, Formatori, Coordinatori di cantiere, Datori di lavoro, Ingegneri, Architetti, Geometri, Periti Industriali e a tutte le figure lavorative che si occupano di Qualità Ambiente e Sicurezza
Come gestire un cantiere definendo un processo di misurazione e monitoraggio, a integrazione e supporto di quello definito dalla norma come responsabilità del coordinatore per l’esecuzione? Per fare questo la sequenza può essere:
definire cosa misurare, che naturalmente deve corrispondere o essere pertinente ai requisiti definiti dalla norma e agli obiettivi che ci si era dati in fase di redazione del PSC;
determinare come eseguire il monitoraggio e le misurazioni, nonché come svolgere il confronto con gli obiettivi; in pratica le tecniche di misurazioni e monitoraggio, attraverso le quali si ottiene un numero che definisce la prestazione;
stabilire quali saranno i criteri di valutazione;
stabilire quando eseguire monitoraggio e misurazioni, questo in rapporto a come si sviluppano i processi all’interno dei quali occorre eseguire la misurazione;
determinare quanto eseguire, valutare e comunicare i risultati, importante, in funzione a come si è deciso di articolare il processo della comunicazione, di cui al requisito 7.4, tenendo naturalmente conto dei requisiti stabiliti dalla legge, nel nostro caso, dall’art. 92. c. 1 lett. e).
Una proposta per una scheda per registrare i sopralluoghi in cantiere che consente di raccogliere indicatori numerici
Misurazione e monitoraggio implicano che gli strumenti per le registrazioni che siamo abituati a vedere utilizzate nei cantieri, più simili ad elaborati resoconti notarili, con tanto di invocazione apotropaica alla fine (il contenuto di questo verbale costituisce aggiornamento del piano di sicurezza e coordinamento), che a vere e proprie check list cambino il loro aspetto, predisponendosi per ospitare numeri (misurazioni) o, più appropriatamente, risultati del monitoraggio (conforme, non conforme).
Come rappresentare le osservazioni nel periodo
La definizione di cosa misurare o assoggettare a monitoraggio è la questione strategica da affrontare per prima: è consigliabile che le categorie siano sufficientemente ampie da consentire l’aggregazione dei risultati, ma non generiche da non poterne distinguere il contenuto. Tanto per estremizzare, una sola voce generale riferita alle condizioni del cantiere (soddisfacente/non soddisfacente) probabilmente non consente di entrare nel dettaglio delle possibili deviazioni. Ma anche una checklist ultra-specialistica (sono state ruotate in direzione verticale le copiglie alle estremità dei vermi?) è utile solo se il nostro ambito è, appunto, talmente particolareggiato. Se l’obiettivo è quello di verificare come vengono implementate le prescrizioni del PSC si può partire dal contenuto che la norma definisce per questo, come, ad esempio, esemplata sul contenuto del D.Lgs. 81/2008, All. XV punti 2.2.1, 2.2.2, 2.2.3 e 2.2.4.
Leggi l’articolo I numeri del coordinatore sul numero 1/2021 di Igiene & Sicurezza del Lavoro di Wolters Kluwer.