Sicurezza sul lavoro: l’uomo non è una macchina Abbiamo costruito un paradigma per la valutazione del rischio che tratta l’uomo come la macchina. Ma il fattore umano, chi può prevederlo davvero? Qualche riflessione
La gestione della sicurezza sul lavoro, ormai da anni, si basa sul procedimento deduttivo della valutazione dei rischi. Si analizzano le condizioni di lavoro, gli ambienti, le attrezzature, le macchine e le sostanze pericolose utilizzate per scoprire quali pericoli portano con sé, ovvero qual è il potenziale fatto negativo, non voluto, che può sorgere in conseguenza dell’utilizzo di questi oggetti, o della loro semplice presenza nell’ambiente di lavoro. Si passa poi ad immaginare qual è la probabilità che questo incidente accada; alcuni tipi di industrie hanno sviluppato sistemi di analisi probabilistica per questo, ma la maggior parte dei casi si fa affidamento all’esperienza ed alla sensibilità della persona che esegue la valutazione dei rischi. Vengono definiti “pesi” numerici per scala del pericolo relativamente alla probabilità di accadimento, vengono combinati e poi, sulla base del risultato, si definiscono impegni su come saranno processati i rischi. Di solito quelli più bassi, quelli che a conseguenze poco rilevanti affiancano basse probabilità di verificarsi, vengono accettati. Le condizioni, invece, più pericolose, quelle per cui esiste un’alta probabilità di avere conseguenze permanentemente invalidanti o mortali, di solito non vengono accolte così come sono, e l’organizzazione che esegue la valutazione dei rischi dichiara apertamente di non eseguire più operazioni di questo genere.
Sicurezza sul lavoro: l’uomo non è una macchina
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Autore: Antonio Pedna
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