Organizzare cantieri internazionali in Italia: evitare duplicazioni e garantire la compliance

Sempre più spesso aziende multinazionali operano in Italia applicando modelli organizzativi consolidati in altri contesti, senza interrogarsi sulla loro effettiva praticità. Al contrario di quanto ci si aspetta da questo comportamento, si tratta di una tendenza con la potenzialità di generare problemi rilevanti, soprattutto nella gestione dei cantieri, dove la normativa italiana impone requisiti specifici in materia di sicurezza e salute.

Adattare modelli globali alla realtà italiana

Una delle principali problematiche riguarda l’introduzione di figure professionali aggiuntive, definite nei protocolli Corporate, che si sovrappongono ai ruoli previsti dalla legge italiana, come il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione. Questi incarichi paralleli, invece di rafforzare il controllo, creano ambiguità e duplicazioni che complicano la gestione e aumentano il rischio di violazioni normative. Anche i protocolli aziendali, concepiti per standard internazionali, finiscono spesso per sovrapporsi ai Piani di Sicurezza e Coordinamento, una integrazione che può compromettere la coerenza e l’efficacia operativa, creando vulnerabilità che emergono in modo critico durante ispezioni o incidenti. Inoltre, il principio di effettività, cardine della normativa italiana, impone che la responsabilità ricada non solo su chi ha un incarico formale, ma anche su chi esercita poteri direttivi di fatto. Di conseguenza, queste figure aziendali, non ufficialmente riconosciute dalla normativa, possono essere chiamate a rispondere penalmente, solo per il fatto di essere un ulteriore livello (spurio) di controllo.

Affrontare la gestione dei cantieri in Italia richiede un approccio basato sulla conoscenza della normativa, sulla definizione precisa di ruoli e responsabilità e sull’integrazione dei protocolli aziendali con quelli previsti dalla legge.

Il ruolo del PSC e i limiti dei protocolli aziendali

Il PSC è lo strumento centrale per garantire la sicurezza nei cantieri italiani: definisce i rischi, le misure di prevenzione e le responsabilità operative. È un documento progettato per adattarsi alle specificità del cantiere e del contesto normativo locale, fornendo indicazioni chiare e vincolanti. Le Corporate policies, elaborate secondo standard internazionali, spesso introducono procedure parallele che non si integrano con il PSC, generando potenziali problemi: l’applicazione di protocolli aziendali non integrati, infatti, può creare vulnerabilità operative. Sia nella gestione ordinaria dei lavori come in caso di ispezioni, le incongruenze tra i documenti possono sollevare dubbi sulla gestione della sicurezza, mentre in caso di incidenti possono emergere responsabilità multiple e contraddittorie.

L’adozione di procedure aziendali parallele, infatti, rischia di svuotare il PSC della sua funzione centrale di coordinamento e controllo del cantiere, lasciandolo privo della capacità effettiva di governare le attività e di garantire il rispetto delle misure di sicurezza. In condizioni ordinarie, questa frammentazione può tradursi nella difficoltà nell’identificare i soggetti a cui “dar retta”; in caso di infortunio semplicemente fa aumentare il numero delle persone indagate e imputate in procedimenti penali.

Integrare i protocolli aziendali nei PSC non è soltanto un’opzione consigliabile, ma un passaggio necessario per evitare criticità operative e legali. Armonizzare i protocolli aziendali con il PSC non significa rinunciare agli standard globali, ma assicurarsi che questi siano pienamente compatibili con le disposizioni locali, rafforzando la coerenza delle procedure e garantendo un controllo più efficace sul cantiere.

La sovrapposizione di figure professionali

Un problema comune nei cantieri internazionali è l’introduzione di figure parallele ai ruoli previsti dalla normativa italiana. In particolare, il CSE ha compiti ben definiti, che includono il coordinamento delle attività e la verifica delle misure di sicurezza. Tuttavia, le aziende spesso aggiungono consulenti o responsabili con mansioni simili, creando confusione e ambiguità. Tutto questo senza avere regolamentato a fondo l’interfaccia di questi ruoli con quelli previsti dalla legge, avendo considerato che la normativa italiana si basa sul principio di effettività, secondo cui chi esercita poteri direttivi, anche senza un incarico formale, può essere ritenuto responsabile in caso di violazioni. Un principio che rende particolarmente rischiosa la creazione di figure non riconosciute dalla legge, che potrebbero trovarsi coinvolte in procedimenti penali per omissioni o negligenze.

Di frequente, queste posizioni vengono proposte a liberi professionisti lavoratori autonomi, pur imponendo orari fissi o la presenza continua in cantiere, senza tener conto che il contratto d’opera non ammette alcuna forma di subordinazione. Se, di fatto, questo tecnico è soggetto a vincoli gerarchici o turni prestabiliti, il contratto potrebbe di essere annullato, su sua richiesta o degli organismi di controllo, e trasformato in un rapporto subordinato, con conseguenze legali ed economiche rilevanti per il cliente/datore di lavoro. Inoltre, un utilizzo improprio del contratto d’opera potrebbe configurarsi come elusione degli obblighi previdenziali: per un professionista iscritto a Inarcassa, i contributi ammontano a circa il 14% del reddito professionale netto e al 4% del fatturato lordo, mentre, per un lavoratore dipendente, l’aliquota totale si avvicina al 33% della retribuzione annua lorda.

Infine, un ulteriore rischio è legato alla norma sulla Responsabilità Amministrativa degli Enti, definita dal D.Lgs. 231 del 2001, che prevede pesanti sanzioni amministrative a carico delle aziende, per incidenti sul lavoro, postulando un vantaggio economico nei comportamenti che si sono rivelati violazione delle norme. Non sia mai che questo tipo di organizzazione, la presenza di ruoli non integrati o di procedure incoerenti, possa essere interpretata come una gestione superficiale della sicurezza, aggravando la posizione dell’azienda.

Integrare, semplificare e adattare

Una policy che impone il rispetto delle regole funziona solo se c’è, innanzitutto, un’effettiva conoscenza di quelle stesse regole e, subito dopo, la volontà di applicarle in modo concreto. Evitare la creazione di figure parallele e chiarire compiti, poteri e limiti operativi di ogni incarico aiuta a ridurre ambiguità e conflitti, rendendo la catena di comando più solida. Allo stesso tempo, è fondamentale che i rapporti con i lavoratori autonomi siano in linea con la normativa italiana, per scongiurare la subordinazione mascherata. In quest’ottica, l’integrazione dei protocolli aziendali nel PSC diventa uno strumento prezioso per eliminare duplicazioni, definire con precisione i ruoli e garantire un’organizzazione più efficace delle procedure.

Adottare un approccio basato sulla conoscenza delle leggi locali e sull’adeguamento dei propri modelli organizzativi consente di costruire cantieri più sicuri, di evitare sanzioni e di valorizzare la credibilità dell’azienda. Questo non implica un appesantimento delle procedure, ma un rafforzamento dell’organizzazione e una riduzione dei rischi, sia operativi che legali.

Globalizzazione responsabile: sicurezza e conformità per lavoratori espatriati in Italia e all’estero | SAFETY Group

Il 15 ottobre 2024 terrò online un corso di formazione sulla Globalizzazione responsabile, con un focus particolare su sicurezza e compliance per i lavoratori espatriati. Durante il corso esplorerò le opzioni di ingresso sul mercato italiano per società estere e l’uscita sul mercato estero per società italiane, esaminando le normative per le società con sede nell’Unione Europea e non, confrontando i requisiti per le società UE in Italia e le società italiane in paesi extra-UE. Discuterò le pratiche di sicurezza e compliance per i lavoratori espatriati, mettendo a confronto le procedure adottate dalle aziende straniere e italiane.

Inoltre, affronterò la gestione della sicurezza e delle emergenze. Un’attenzione particolare sarà dedicata alla formazione e alla preparazione dei lavoratori, con un’analisi comparativa dei requisiti di formazione per i lavoratori espatriati delle imprese straniere e italiane. Questo corso rappresenta un’opportunità per approfondire tematiche fondamentali per le aziende che operano in un contesto globale, garantendo al contempo la sicurezza e il rispetto delle normative per i lavoratori espatriati.

Per partecipare, vi potete iscrivere a questo link.

Imprese straniere in Italia: una questione ricorrente | Teknoring

Le questioni legate alle imprese straniere attive in Italia, specialmente per progetti temporanei come cantieri e manutenzioni, sono oggetto di dibattiti ricorrenti. Le diverse prospettive sulla gestione e il comportamento appropriato delle aziende straniere sul territorio italiano sono evidenziate, suscitando riflessioni sulle sfide e le considerazioni coinvolte. La semplificazione dei viaggi, soprattutto nell’Unione Europea, ha portato a nuovi approcci creativi, talvolta causati da una mancanza occasionale di preparazione. L’analisi dei requisiti per le imprese straniere in Italia coinvolge diverse discipline, come normative sull’impresa, fiscali, sulla sicurezza sociale e sulla salute e sicurezza sul lavoro. Affrontare questa complessità richiede un approccio integrato e un costante aggiornamento per garantire conformità ed efficienza nelle operazioni transnazionali.

Le imprese straniere in Italia possono adottare diverse modalità, ma l’impiego di lavoratori assunti all’estero è soggetto a normative rigorose. Il principio di territorialità delle leggi impone l’applicazione delle norme italiane, creando vincoli e influenze significative sulle pratiche operative, specialmente in materia di sicurezza. Il distacco transnazionale emerge come un meccanismo regolamentato da accordi bilaterali e normative specifiche per agevolare la mobilità dei lavoratori in Europa.

Si possono definire due scenari distinti: il distacco presso un’impresa italiana secondo le norme europee o la creazione di un’organizzazione locale in Italia. Questi scenari delineano le condizioni in cui le imprese straniere possono operare in Italia con manodopera assunta all’estero, rispettando le leggi e garantendo conformità. Nonostante la complessità apparente, l’appartenenza all’Unione Europea semplifica notevolmente il processo, consentendo alle imprese di navigare attraverso le regole comuni.

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