Che il lavoro sia cambiato negli ultimi anni è ormai fuori discussione; assieme a esso, è mutato il modo in cui vi si guarda, assieme alle aspettative legate a esso. Ciò che più legittimamente ci si aspetta è che il lavoro non sia pericoloso per le persone che lo eseguono e che queste siano tutelate verso i potenziali pericoli che incontrano. Negli ultimi anni queste rinnovate sensibilità hanno portato ad analizzare aspetti del lavoro in modi che non erano mai stati presi in considerazione, come nel caso della sicurezza del lavoro in solitario.
Si tratta di una condizione che è sempre esistita (si pensi ai postini, agli autisti, agli agricoltori eccetera); tuttavia, solo recentemente si è sviluppata una particolare sensibilità verso i problemi connessi a lavorare da soli, spesso in zone isolate, con il pericolo di non essere soccorsi tempestivamente o affatto, o di essere soggetti a condizioni ambientali inaspettate, trovandosi quindi impreparati a proteggersi. Il datore di lavoro ha il dovere di considerare anche questi aspetti nella sua valutazione di tutti i rischi lavorativi, anche perché si tratta dei “rischi particolari” previsti all’articolo 28, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008. Solo per alcune attività la norma e gli standard individuano precise strategie per la gestione del rischio.
Solo alcuni Paesi hanno affrontato in maniera sistematica questo problema, come si vedrà nel seguito.
Leggi l’articolo sul numero 1/2019 di Ambiente e sicurezza
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Autore: Antonio Pedna
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