Imprese edili in Italia: perché aggregarsi per cambiare Superare le falle della gestione della sicurezza in Italia facendo squadra, abbracciando la tecnologia in cantiere (ma davvero) e guardare alle esperienze positive all’estero
Il mondo delle costruzioni in Italia è penalizzato da una serie di gravi limiti, che influenzano gran parte delle prestazioni di chi ci lavora: dalla redditività alla sicurezza dei lavoratori. Il limite principale credo sia nella dimensione degli operatori. Solo per restare in ambito europeo, i nostri costruttori sono dei pigmei rispetto ai loro omologhi italiani: la nostra più grande impresa è all’undicesimo posto in Europa, con un giro d’affari dell’85% inferiore alla prima. Le altre sono al 27mo e al 50mo (dati 2017, Guamari srl). L’impresa di costruzioni italiana media ha 2,6 addetti (fonte ANCE). Lo stesso per le società di ingegneria: nella classifica globale di ENR Engineering News-Record, la prima italiana è attorno al 30mo posto. Poi ottantesimi e centoquarantesimi. Meglio di noi aziende USA, Canadesi, Emiratine, Australiane, Spagnole, Olandesi, Inglesi, Svedesi, Danesi, Cinesi eccetera eccetera. L’Italia, si badi bene, è l’undicesima nazione al mondo per prodotto interno lordo, e supera diversi dei paesi che esprimono queste società, ma le nostre principali aziende hanno nei progetti al di fuori dell’Italia spesso il loro mercato principale. Gli ordini professionali hanno come riferimento principale il piccolo studio professionale, con uno o due addetti. La stessa politica fiscale degli ultimi anni, con il regime dei minimi, pur salvando dalla fame tanti operatori ha pesantemente disincentivato le aggregazioni tra professionisti, condannandoli alla irrilevanza.
Imprese edili in Italia: perché aggregarsi per cambiare