Sono le “sentinelle dello smart worker”, quelle che controllano – col fucile spianato dall’altra parte dello schermo – che il lavoratore da remoto sia costantemente produttivo. Si tratta delle app per il controllo a distanza dei dipendenti e negli Stati Uniti sono sempre di più: si va da quelle che comunicano ai capi dati sui siti web consultati a quelle che fanno gli screenshot delle schermate. E ora ci si mette anche Microsoft: un nuovo tool, chiamato Productivity Score, annunciato durante la conferenza annuale degli sviluppatori, mostra ai datori di lavoro come i propri dipendenti utilizzano i servizi di Microsoft 365 come Outlook, Teams, SharePoint e OneDrive. Ma può esistere uno smart working senza controllo sulla vita delle persone? Secondo Michel Martone, giurista e accademico, autore del libro “Il lavoro da remoto – Per una riforma dello smart working oltre l’emergenza”, sì: “Il datore di lavoro ha bisogno di controllare – spiega ad HuffPost – ma dovrebbe controllare i risultati del lavoro, non la persona”.
Controllare i lavoratori a distanza: crescono le “sentinelle degli smart workers” | HuffPost Italia Life
Fino a prima della pandemia lo smartworking non era particolarmente diffuso nel nostro paese e, quando lo era, si trattava per lo più di lavoratori con qualifiche medio alte, le cui mansioni erano caratterizzate in qualche modo da elevati gradi di indipendenza. La diffusione di questa modalità lavorativa ha fatto diventare impellente il problema del controllo dell’attività lavorativa.
Ebbene, è il caso di ricordare ai datori di lavoro, prima di intraprendere iniziative avventurose, che in Italia è ancora in vigore l0 Statuto dei lavoratori. In particolare, questo è il contenuto dell’articolo 4 della Legge 20 maggio 1970 numero 300:
1. È vietato l’uso di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori.
2. Gli impianti e le apparecchiature di controllo che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza del lavoro, ma dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, possono essere installati soltanto previo accordo con le rappresentanze sindacali aziendali, oppure, in mancanza di queste, con la commissione interna. In difetto di accordo, su istanza del datore di lavoro, provvede l’Ispettorato del lavoro, dettando, ove occorra, le modalità per l’uso di tali impianti.
Cosa significa in pratica? Significa che apparecchiature per il controllo a distanza dei lavoratori sono ammissibili solo se siano presenti tutti questi requisiti:
- sono richiesti da esigenze organizzative o produttive oppure (ovvero) dalla sicurezza del lavoro;
- sono stati adottati in accordo con le rappresentanze sindacali, oppure con la commissione interna. Nelle aziende in cui queste organizzazioni non esistono, occorre chiedere il parere dell’Ispettorato del lavoro, che potrà fornire indicazioni.
Cosa voglio dire con questo? Che esiste un problema e che dovrà essere affrontato nel rispetto della legge. Il tutto anche se i nostri attuali governanti hanno mostrato più volte la loro sciatteria nel rapporto con le norme, basti ricordare l’infinita telenovela sul ritiro della concessione ad Autostrade per l’Italia, con il Presidente del Consiglio dei ministri che afferma che “Non possiamo aspettare i tempi della Giustizia”, le FAQ che sono state promosse a criteri interpretativi delle leggi o, più recentemente, i comunicati stampa che hanno sostituito la decretazione d’urgenza, vedi il cosiddetto Decreto Ristori Quater, con un comunicato stampa del 27 novembre che conferma gli slittamenti dei versamenti dell’acconto delle imposte in scadenza lunedì 30, senza che però il relativo decreto sia ancora stato approvato.