Proteggendo le acque sotterranee, si salvano vite ed ecosistemi, si migliora la salute, si riduce la fame, riducendo la necessità di migrazione e si combatte il cambiamento climatico.
La sicurezza, quel sistema di conoscenze e di competenze finalizzato ad agire sui processi lavorativi allo scopo di tutelare la salute dei lavoratori, è una disciplina che ha cominciato a essere riconosciuta in maniera organica quando la società ha smesso di considerare l’incidente come un evento o una punizione divina, per diventare la conseguenza di condizioni definite dall’uomo. L’elaborazione culturale ha definito modelli ed ha prodotto teorie su come rispondere al problema di evitare che i lavoratori si facessero male. Alcune di queste regole, sviluppate all’interno del mondo industriale, sono state in seguito inserite nelle legislazioni nazionali, diventando obblighi. Ciò è capitato per svariati motivi, normalmente perché hanno dimostrato la loro efficacia, anche se è capitato che la legge abbia singolarmente travisato il processo industriale. È il caso di come la gerarchia dei controlli si è trasformata nelle misure generali di tutela.
La hierarchy of controls è il tentativo del mondo industriale di andare oltre il trial-and-error: le scelte progettuali, nel momento in cui vengono analizzate e discusse, devono passare attraverso questa analisi e possono essere approvate se rispettano i requisiti del processo. Un decennio più tardi, sempre nell’ambiente industriale nordamericano, saranno sviluppati i primi metodi di valutazione quantitativa del rischio, in modo da supportare il processo della hierarchy of controls con evidenze oggettive e non con sensazioni o valutazioni personali. L’ambiente di coltura è sempre l’industria aerospaziale, anche la prima applicazione pratica resa pubblica è considerata il rapporto Reactor Safety Study da parte della U.S.Nuclear Regulatory Commission nel 1975.
È necessario, o anche solo consigliabile, inserire esperti in sicurezza e ambiente all’interno dell’Organismo di Vigilanza previsto dal D.Lgs. 231 del 2001?
Definire e implementare l’azione correttiva non significa attuare correttamente il cambiamento o raggiungere il risultato fissato negli obiettivi. Nella determinazione dell’azione correttiva occorre precisare chiaramente cosa si vuole raggiungere, basandosi su dati oggettivi e misurabili. Questi poi saranno il riferimento delle verifiche da eseguire in seguito all’ implementazione, per accertarsi di avere soddisfatto le ragioni per cui sono stati modificati i processi.
È consigliabile ripetere dopo qualche tempo il riesame dei risultati raggiunti. Capita infatti che le organizzazioni implementino i processi, ma che ricadano nelle vecchie abitudini dopo poco. È opportuno anche riesaminare periodicamente i risultati delle azioni correttive applicate in risposta a non conformità rilevanti.
Lo strumento utile a determinare questa necessità è la valutazione dei rischi.
Il Decreto Legislativo 231 del 2001 stabilisce la responsabilità amministrativa degli enti forniti di personalità giuridica e delle società e associazioni anche prive di personalità giuridica, in relazione alla commissione di particolari reati che possono essere commessi a loro interesse o a loro vantaggio, da persone che svolgono la loro attività per loro conto, anche di fatto. In sostanza, qualora un rappresentante, un dirigente o anche un semplice dipendente di una particolare organizzazione, o una persona che agisce come tale, pur senza regolare assunzione o formalizzazione del rapporto professionale, dovesse essere trovata responsabile di avere commesso un particolare reato presupposto, oltre che la persona fisica che ha commesso il reato, ne risponderebbe anche l’organizzazione cui fa riferimento. La norma stabilisce alcune limitazioni della responsabilità dell’organizzazione, le più interessanti sono il fatto che la condotta individuata come reato deve avere come scopo il perseguimento di un interesse o di un vantaggio per l’ente e l’avere affidato ad un organismo definito il compito di vigilare sul funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento di un modello di gestione idoneo a prevenire i reati presupposto.
L’obiettivo di un modello in relazione ai reati contro la salute, la sicurezza e l’ambiente, dovrebbe quindi essere quello di prevenire infortuni, malattie professionali e incidenti ambientali. Un modello è, o dovrebbe essere, un sistema di gestione, integrato da un sistema sanzionatorio sul quale vigila un organismo di vigilanza, ed è funzionale innanzitutto se possiede le caratteristiche previste dallo standard di riferimento, e ne rispetta i requisiti.
Il quinto passo di una indagine su una non conformità è elaborare un piano per l’azione correttiva.
Una vera azione correttiva, che incide sulle cause radice, non può essere applicata in modo improvvisato. Richiede risorse, impegno, tempo. Per ottenere il migliore risultato, però, occorre soprattutto organizzarne lo svolgimento con un piano.
Un piano per l’azione correttiva di una non conformità parte dall’individuazione di un obiettivo, cioè del cambiamento che vogliamo implementare. Prosegue poi con la definizione delle risorse che possiamo dedicargli e con l’attribuzione delle responsabilità ai ruoli rilevanti per il loro utilizzo. Sulla base di queste scelte, definiremo la scadenza temporale entro la quale ottenere i risultati. Infine, è consigliabile stabilire quali indicatori raccogliere durante lo svolgimento delle attività del piano, per tenere sotto controllo gli step di avvicinamento all’obiettivo.
I piani sono gli strumenti che ci permettono di mantenere il controllo delle attività che dobbiamo svolgere, assicurandoci di poterle portare a termine senza problemi. Senza pianificazione si corre il rischio concreto di sprecare energie, ottenendo risultati inferiori alle aspettative.
Dopo aver visto come si analizzano gli esiti dell’indagine vera e propria nell’episodio precedente e, in quest’ultimo, come si organizza un piano per correggere una non conformità, nel prossimo episodio scopriremo perché è necessario riesaminare i risultati dell’azione correttiva.
Il documento “Foresight Study on the Circular Economy and its effects on Occupational Safety and Health”, “Studio di previsione sull’economia circolare e i suoi effetti sulla sicurezza e la salute sul lavoro” è un interessante pezzo a cavallo tra science fiction e manifesto politico. Gli scenari individuati per il 2040 variano da una età green del latte e del miele (The roaring 40s – fully circular and inclusive), alla descrizione di varie distopie, alcune più inquietanti delle altre.
Environmentalists are disappointed, and they’re not wrong. We need more efforts to tackle global warming, but these will have a major impact on our lives. The complaints about the price increases of gas and other strategic raw materials, which we hear and utter these days, are nothing compared to what we will to go through, and no one is going to radically change their lifestyle.
This is the same in developing countries, China, India, but also Brazil, where we have just begun to glimpse the consolidated level of economic (and political) well-being that is taken for granted in Europe, no one is going to be pushed back to the situation of ten or just five years ago. A house built of concrete and bricks, with a floor that is not of clay court, electricity and running water, even if drinking water does not come out of the taps in most of the world, the first refrigerator, the first means of personal transport, these are not things that are easily renounced once they are known.
How to do? This policy of small steps, to be constantly monitored, with objectives to be reviewed on a frequent basis, is probably the only way to proceed. But it is up to the more industrialized countries to lead the path, and to work out alternatives that are feasible to developing ones. History tells us, becayse we are the ones who started to pollute, and we have neglected the consequences. It is imposed on us by the way we want to be seen and the way we want to be considered by other peoples.
L’elaborazione culturale del concetto di sostenibilità ha portato ad affermarsi un modello che individua tre pilastri: ambientale, sociale ed economico.
Un aspetto del capitalismo finanziario si sta dimostrando un potenziale stimolo per il miglioramento della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Gli investitori professionali, specialmente quelli dei mercati internazionali, sono particolarmente sensibili alla reputazione delle aziende e sembrano guardare con maggiore interesse quelle organizzazioni che si mostrano attraenti ai consumatori e alla politica, perché riescono a comunicare il loro atteggiamento positivo nei confronti di questi aspetti. La cronaca continua a riportare notizie di cattive condotte nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente, ma è un fatto che l’opinione pubblica, specialmente nei paesi più industrializzati e quella dei gruppi di pressione internazionali, ha abbassato il livello di tolleranza per questi eventi.
Nell’aprile del 2021 la Commissione Europea ha proposto al Parlamento e al Consiglio Europeo di rivedere le modalità con le quali alle organizzazioni economiche è richiesto di rendere disponibili quelle che in passato erano definite “informazioni non finanziarie” e che, negli anni, sono diventate le comunicazioni societarie sulla sostenibilità.