A sem di rumagnul lasis pasè

(siamo romagnoli, lasciateci passare)

Di solito uso queste pagine per parlare del mio lavoro. Ma è il pomeriggio del 17 maggio e sono appena rientrato da una passeggiata per la mia città, Ravenna. Le strade sono quasi vuote, e le poche persone che le popolano parlano solo di una cosa: l’alluvione e l’attesa ondata di piena dei fiumi.

Doveva essere così il 27 maggio del 1636, quando il governo cittadino dovette affrontare un’altra grave inondazione. Allora la città era circondata dai fiumi Ronco e Montone, che ruppero gli argini e scavalcarono le mura, trasformando Ravenna in una grande piscina: ancora oggi passeggiando per il centro storico si possono vedere le lapidi che segnano il livello raggiunto dalle acque, abbondantemente oltre al primo piano. Almeno si salvarono le campagne, evitando la fame l’anno successivo. La globalizzazione non è poi una cattiva cosa, se puoi pagarti il cibo che viene da fuori.

Ravenna ha sempre avuto un rapporto particolare con l’acqua, che forse ci siamo dimenticati. La bassa Romagna è un territorio artificiale, così come la Pineta è un bosco creato dall’uomo che senza l’uomo non potrebbe esistere. La terra è stata strappata alle acque esattamente come i Paesi Bassi.

Se guardate una carta geografica, ma anche solo Google Maps, potrete leggere il territorio e i periodi delle bonifiche. I terreni a sud della città furono bonificati in epoca romana: lo si capisce leggendo il reticolo regolare attorno alla via Dismano, che collega Cesena a Ravenna. Il nome di questa strada, poi, è la corruzione del vocabolo Decumano, uno degli assi della centuriazione romana.

A sud ovest abbiamo le bonifiche medievali, quando le piccole comunità locali avevano perduto la forza e la competenza tecnica dei Romani, e torrenti, strade e confini dei lotti sono mobili e ricchi di curve. A nord ovest, ai confini con la provincia di Ferrara la bonifica rinascimentale. Una curiosità è che i signori di Ferrara usarono anche manodopera forzata, e alcune delle località della zona nacquero come colonie penali dove i condannati scontavano la pena ai lavori forzati. A nord est la bonifica moderna, in gran parte Ottocentesca e Novecentesca. E qui mi piace ricordare un avvenimento che credo abbia avuto conseguenze che sono andate ben oltre la nostra città: la rotta del Lamone del 1839, lo stesso fiume che in questi giorni ha inondato Faenza, ma un poco più verso il mare: tra Mezzano e Savarna.

I funzionari dell’epoca, di fronte ad uno scenario di distruzione, seppero guardare al di là delle contingenze e, invece di riparare i varchi negli argini, che furono distrutti parzialmente per oltre un chilometro e mezzo, con una breccia completa di più di duecentocinquanta metri, realizzarono prima un bacino provvisorio per guadagnare tempo e studiare una soluzione radicale, trasformandolo poi in una cassa di colmata. In questo modo furono guadagnati all’agricoltura – prima alla coltivazione del riso, poi a frutteto – oltre ottomila ettari di terreno, dando lavoro ai primi gruppi di braccianti che si erano uniti per sottrarsi allo sfruttamento del lavoro a giornata. Il direttore del genio civile era Filippo Lanciani, ingegnere romano: dopo qualche anno passò qualche guaio, fino ad essere spedito al confino nel 1848, se non ricordo male.

Chissà se questo pericoloso sovversivo guardava così lontano? Chissà se pensava alla nascita delle prime industrie di trasformazione del riso, le pilerie che sorsero nell’attuale via Don Minzoni, chiaramente riconoscibile anche oggi, e nel Mulino Lovatelli, dove c’è un ristorante etnico? Queste sono la preistoria dell’industria di trasformazione di prodotti agricoli che caratterizza tuttora l’economia romagnola.

Che magari sperasse che i continui lavori di manutenzione e di ampliamento delle casse di colmata avrebbero potuto fornire un’occasione di riscatto per la popolazione marginale urbana e del contado, cosa che poi avvenne agendo da catalizzatore per i movimenti cooperativi, che nascono appunto allora?

Una cosa è sicura: Nicola Cavalieri di San Bartolo, che iniziò l’opera, e Filippo Lanciani decisero di cercare un lato positivo di un evento distruttivo. Una decisione che non solo ebbe come conseguenza il guadagno di migliaia di ettari di buona terra coltivabile, ma – e soprattutto – diventarono levatori di un nuovo ordine sociale ed economico più giusto e, per usare una parola in voga, sostenibile.

Avercene ancora, di gente così.

Della libertà, della vaccinazione e del green pass | L’HuffPost

Sull’HuffPost Giacomo Marramao dice parole che credo definitive, sulla querelle che vede alcuni intellettuali scagliarsi sulle limitazioni della libertà personale, a loro dire introdotte dalla vaccinazione e dal green pass.

…la libertà non è mai stata individualismo. È sempre stata effetto di gruppi di comunità che hanno lottato per determinare progressi e conquiste, mai con il rischio di danneggiare altri.

Leggi l’articolo Marramao a Cacciari e Agamben: “Sul Covid sostenete tesi aberranti” su HuffPost.

Nico Cereghini: “Mi avete rotto con il pilota-eroe” – Moto.it

Sono un motociclista e mi occupo di sicurezza. Sono in contraddizione? Amo vivere, e guidare con prudenza mi permette alla sera di tornare a casa, per potere vivere, e guidare, anche domani.

Leggete cosa scrive Nico Cereghini, ex pilota e, ora, giornalista. Una persona che ha fatto di più di un governo per l’educazione stradale. Quand’ero ragazzo non mi perdevo una delle sue prove delle moto che sognavo, su Gran Prix, che lui chiudeva immancabilmente con queste parole: casco bene allacciato in testa, luci accese anche di giorno, e prudenza. Sempre.

Ecco, le discussioni. Questo è il punto che mi preme. Io trovo che tutte le posizioni siano legittime, non pretendo di avere la verità in tasca, su tutto sono pronto a discutere. Quello che mi dà veramente noia è la leggerezza con la quale alcuni portano avanti lo stereotipo del pilota duro, forte, temerario, sprezzante del pericolo come “deve” essere un vero eroe. Sono quelli che seguitano a dipingere le corse di moto e di auto come una corrida, il rischio come l’ingrediente principale, ineluttabile e necessario. Io dico: la pensate così? Bene, liberissimi anche di dirlo. Ma non fate finta di ignorare che questa tesi ha delle pesanti conseguenze.

Nico Cereghini: “Mi avete rotto con il pilota-eroe” – MotoGP – Moto.it

Ecco, pensate sempre alle conseguenze di quello che fate. Quando vi divertite così come quando lavorate. Meglio perdere un attimo di vita che la vita in un attimo.

Nella foto, il vostro HSE manager preferito in pista con la sua Ducati 748.

Nyt: “14 lezioni per affrontare la prossima pandemia” | L’HuffPost

L’Huffington Post ha pubblicato questo articolo, riprendendolo dal New York Times, dove un gruppo scelto di professionisti ed accademici hanno indicato, ciascuno, una lezione da apprendere dal COVID-19 per affrontare la prossima pandemia. Tutti i temi affrontati sono interessanti, e vi invito a leggere l’articolo, in originale se parlate inglese.

Tra tutte le proposte di riflessione, quella che mi ha colpito di più è la quattordicesima, sul guardarsi allo specchio:

″È difficile immaginare che ci siano così tante persone a cui non importa degli altri”, dice Reed Tuckson, co-fondatore di Black Coalition Against Covid-19. Tuckson invita a prestare maggiore attenzione al prossimo, rispettando le norme anti-contagio perché in gioco c’è la vita propria e altrui.

Leggi l’articolo dopo il link Nyt: “14 lezioni per affrontare la prossima pandemia” | L’HuffPost

No PPE, no access beyond this point – i cinque post più letti del 2020

Durante il lockdown del 2020 ho deciso di realizzare questo blog, dove scrivo dei temi che affronto nella vita professionale e raccolgo le pubblicazioni che faccio sulle riviste, cartacee e online, del settore. Qualcuno mi ha chiesto da dove viene la fotografia che uso come banner, e che dà il titolo al blog, No PPE, no access beyond this point. È stata scattata nel deserto egiziano, nei pressi di Aswan, dove mi trovavo per fare un audit al Benban Solar Park Project, il più grande parco fotovoltaico in Egitto, in costruzione. Mi è sembrata subito una scena buffa: da una parte il deserto, dall’altra il deserto, in mezzo una catenella di plastica su due picchetti, e quel cartello…

Bene, questo blog sta avendo una buona riuscita, mi serve per aumentare le interazioni con i miei colleghi e con i potenziali clienti, e sto raggiungendo il mio obiettivo. Come auspicio per un buon, 2021 vorrei riepilogare qui i cinque post che sono stati più letti nel 2020:

Al quinto posto c’è Il vortice PDCA, un articolo che nasce dall’idea che i sistemi di gestione possano essere fortemente integrati nelle attività delle organizzazioni, tanto che i loro concetti fondamentali (il ciclo PDCA, appunto) diventino il consueto modus operandi per tutti i processi.

Al quarto posto un articolo di contenuto politico: Italia, Giappone e COVID-19 – numeri al confronto. Come tecnico, e con un lontano retaggio da sportivo agonistico, guardo ai numeri per valutare la riuscita o l’insuccesso delle cose. La pandemia ha chiesto all’Italia il pagamento di un pedaggio straziante: al 31 dicembre 2020 74.159 italiani erano ufficialmente morti a causa del COVID-19, una prestazione che ci mette al quarto posto mondiale della triste classifica dei decessi. L’Italia (60 milioni di abitanti), è superata dagli USA (328 milioni), Brasile (209 milioni), India (1 miliardo e 353 milioni) e Messico (126 milioni). Nella classifica di morti ogni 100k abitanti siamo terzi al mondo, con un punteggio di 119,5. Peggio di noi hanno fatto solo la Slovenia (124,8) e il Belgio (166,7).

Con questi numeri io non credo che il principale problema siano i criteri di come sono registrati i decessi, o la possibile attitudine di alcuni governi di addomesticare i numeri. Se fossi ancora uno sportivo mi chiederei cosa fanno gli altri meglio di me per copiare i loro metodi di allenamento. Come tecnico cercherei di individuare le mie debolezze e analizzerei le buone prassi altrui. Come cittadino non posso accettare il sopire e troncare come fondamento dell’azione politica.

Al terzo posto l’articolo ISO 45001 requisito 8: attività operative. L’ottava puntata della serie che sto scrivendo da un po’, dove analizzo punto per punto il più recente standard sui sistemi di gestione per la salute e la sicurezza.

Il secondo posto è occupato da Gestione del rischio e genesi dell’errore umano nel metodo di Reason. Il lavoro di tanti precursori, tra i più conosciuti è W.E. Deming, qui parlo di James Reason, è ai fondamenti della nostra professione ma è poco conosciuto, almeno al livello dei “praticanti”. Qui ho solo iniziato il lavoro di scavo che mi propongo di continuare nel 2021.

Al primo posto ancora un articolo di carattere politico: Chi ci governa non si è mai occupato di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro!, dove non mi lamento – come qualcuno ha pensato, fermandosi solo al titolo – della trascuratezza dei nostri governanti riguardo alla sicurezza sul lavoro. La mia analisi, piuttosto, riguarda i fallimenti dei nostri amministratori nel predisporre le misure di mitigazione per il contagio da SARS-CoV-2 al rientro dalle attività estive. Senza dubbio, ci sono state lacune nella loro programmazione e nella loro implementazione, problemi che sono familiari a chi si occupa di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro e che i bravi tecnici e i manager competenti hanno imparato a prevedere, riconoscere e mitigare.

Comunque, ringrazio i miei lettori da trentacinque nazioni – da A di Albania a Z di Zimbabwe – diversi dei quali stanno mostrando il loro apprezzamento, visitando il sito con regolarità. Un risultato che mi soddisfa, per appena qualche mese di attività, e auguro loro un felice e prospero 2021.

Reverse Engineering the source code of the BioNTech/Pfizer SARS-CoV-2 Vaccine – berthub.eu

Ho incrociato questo articolo interessante su come funziona un vaccino a RNA messaggero, del tipo di quello prodotto da BioNTech/Pfizer. Sono nato in una regione italiana, la Romagna, che ha prodotto due tipi umani, il vitellone e lo scazigné. Il primo è senza dubbio più famoso, ma il secondo è più nobile, con la sua voglia irrefrenabile di smontare le cose per capire come funzionano. Aristotele, con il suo “scire per causas” era senza dubbio uno scazigné.

I came across this interesting article about a messenger RNA vaccine works, like the one manufactured by BioNTech / Pfizer. I was born in an Italian region, Romagna, which has produced two human types, the “vitellone” and the “scazigné”. The first is undoubtedly more famous, but the second is more noble, with its unstoppable desire to tear things apart to understand how they work. Aristotle, with his “scire per causas” was undoubtedly a scazigné.

The BNT162b mRNA vaccine has this digital code at its heart. It is 4284 characters long, so it would fit in a bunch of tweets. At the very beginning of the vaccine production process, someone uploaded this code to a DNA printer (yes), which then converted the bytes on disk to actual DNA molecules.

by Bert Huber

Reverse Engineering the source code of the BioNTech/Pfizer SARS-CoV-2 Vaccine – berthub.eu

Una maniera efficace per rendere consapevoli dei rischi e del modo per combatterli – il video di Alaska Airlines

Quando viaggiavo molto, prima della pandemia, mi ero reso conto che le istruzioni di sicurezza attiravano la mia attenzione solo quando erano raccontate in maniera divertente e interessante. Vorrei condividere questo video di Alaska Airlines, che vuole sensibilizzare sul comportamento da tenere per combattere l’infezione da COVID-19. Simpatico e che mi ha fatto tornare in mente le notti in discoteca da ragazzo, a ballare con i Men without hats.

Next generation UE

In Italia abbiamo la mania di usare la lingua inglese, per sembrare più fichi, più cool. Il “#Recoveryfund”, questo strumento finanziario mitologico che inonderà la nazione di danari per risolvere tutti i nostri problemi non si chiama, in effetti “fondo per la #ripresa”; il suo nome ufficiale è “Next Generation EU”. In effetti, intitolare un fondo per la ripresa alla prossima generazione dell’Unione Europea è una scelta che la dice lunga sugli obiettivi che dobbiamo porci: come vogliamo lasciare l’Europa ai nostri figli? Next Generation, dice la Commissione, si basa su tre pilastri. Il primo è quello di sostenere la ripresa degli stati membri, attraverso programmi specifici come rescUE, per rafforzare la risposta alle calamità naturali delle strutture di protezione civile, REACT-UE, per le politiche di coesione per un recupero sostenibile e digitale. Il secondo è rilanciare l’economia e sostenere gli investimenti privati, con InvestEU, il nuovo programma per incrementare finanziamenti su crescita e occupazione. Il terzo pilastro è trarre insegnamenti dalla crisi.

Antonio Pedna | LinkedIn

“Imparare la democrazia con la matematica”. Chiara Valerio ad Huffpost | L’HuffPost

Alla radice, Chiara Valerio contesta l’idea che il sapere scientifico sia un affare da specialisti, come generalmente viene considerato: “Io stessa, che faccio caso a questi particolari, mi stupisco se una persona non conosce l’inizio della Divina Commedia, ma non mi sorprendo se qualcuno mi dice che non conosce il teorema di Pitagora. Voglio dire che la conoscenza della matematica, della chimica, della fisica, non è considerata necessaria alla cultura generale. È il motivo per cui se una persona studia la filosofia, la storia o la letteratura può venire subito considerato un intellettuale. Se studia ingegneria, no”.

“Imparare la democrazia con la matematica”. Chiara Valerio ad Huffpost | L’HuffPost

Sono convinto – da sempre – che non esista nessuna cesura tra sapere umanistico e sapere tecnico e che, anzi, esista solo il sapere, che è una costante curiosità famelica che ci spinge a cercare di comprendere quello che ci circonda, senza esserne mai sazi.

Ragazzini thailandesi: sei lezioni da imparare per chi fa sicurezza (ma non solo)

Ragazzini thailandesi: sei lezioni da imparare per chi fa sicurezza (ma non solo)

La vicenda della squadra di calcio intrappolata in una grotta ed evacuata dopo moltissimi sforzi ha tanto da insegnarci, dentro e fuori la nostra professione. Ecco perché.

Il 23 giugno i dodici giovani componenti della squadra di calcio dei cinghiali selvaggi ed il loro allenatore non rientrano a casa dopo una gita in un gruppo di caverne naturali nel nord della Thailandia. I ragazzi vengono ritrovati solo il 2 luglio: sono rimasti intrappolati in una grotta a circa 4 chilometri dall’esterno a causa della risalita delle acque provocate dalle piogge torrenziali tipiche dell’area e della stagione, che ha reso impraticabile l’uscita. La notizia fa il giro del mondo e ben presto l’attenzione dei media si concentra su quanto sta avvenendo nel nord della Thailandia. Dopo giorni di tensione e di lavoro febbrile, nella serata del 10 luglio il cessato allarme: i ragazzi, l’allenatore e i sub speleologi che li hanno assistiti ed aiutati nell’evacuazione sono fuori pericolo. Ora che la vicenda è finita (quasi) bene, perché comunque un volontario è morto durante i lavori che hanno preparato il salvataggio dei ragazzi, e che l’emozione del momento si è calmata, forse possiamo ricavare da quanto è successo qualche lezione che si possa anche applicare alla professione. Non tanto lezioni sulla tecnica impiegata: tutto sommato questo aspetto non è stato particolarmente interessante, almeno per gli addetti ai lavori. Gli ambienti lavorativi possono essere molto più ostili e difficili, ma quanto una lezione umana e di vita.

Ragazzini thailandesi: sei lezioni da imparare per chi fa sicurezza (ma non solo)