Affidare all’esterno dell’organizzazione attività e processi è una scelta organizzativa ed economica che deve essere valutata in maniera approfondita. Oltre ad influenzare le prestazioni dell’azienda in relazione alla capacità di raggiungere i propri obiettivi di business, e per questo motivo sono condizioni considerate dagli standard sui sistemi di gestione, l’esercizio delle relazioni tra le due organizzazioni, committente e appaltatrice, può essere delicata e deve rispettare requisiti legali. Il Testo Unico su salute sicurezza, Decreto Legislativo 81 del 2008 all’articolo 26, definisce un processo che può essere di difficile interpretazione e che è efficace solo se inserito all’interno di una organizzazione funzionale. Gli standard ISO 9001, Sistemi di gestione della qualità, ISO 14001, Sistemi di gestione ambientali, ISO 44001, Collaborative business relationship management systems e ISO 45001, Sistemi di gestione per la salute e la sicurezza sul lavoro, affrontano anch’essi il tema dell’esternalizzazione con importanti riflessioni.
ISO 37500, in particolare, definisce un percorso che parte dal soggetto che ha intenzione di esternalizzare alcuni suoi processi, analizzandone i presupposti e fornendo indicazioni su come sviluppare tutto il processo. Queste considerazioni non sono valide solo per gestire la parte commerciale, ma possono fornire suggerimenti su come meglio affrontare anche i temi collegati della protezione dei lavoratori, dell’ambiente e del rispetto dei requisiti volontari e obbligatori che regolano questi processi. La decisione di esternalizzare un processo si basa su una valutazione dei rischi e delle opportunità. Il modello di studio proposto dalla norma è utile per identificare i passi del processo anche se non si vuole adottare una strategia collaborativa.
Perché coinvolgere i lavoratori nei piani per la sicurezza? Perché coinvolgere i lavoratori nei piani per la sicurezza Già, perché? Molti pensano che sia sufficiente pagare lo stipendio ad una persona perché questa sia tenuta rispettare le indicazioni che le sono fornite per il lavoro. Questa cosa va fatta in questo modo, quella in quest’altro. Perché prendere in considerazione che si possa fare diversamente?
Dedichiamo al lavoro una parte importante della nostra vita, troppo perché questo debba essere necessariamente reso più pesante perché non ci si trova a proprio agio. Un lavoratore che condivide con la sua comunità lavorativa – fatta da colleghi, superiori e collaboratori – politiche e obiettivi per il lavoro, si sente parte di un gruppo e lavora meglio. Si diventa parte di una cosa più grande, orgogliosi di portare la propria parte di attenzione e innovazione, sviluppando un sentimento di attaccamento per la propria azienda.
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Apparentemente nel nostro paese la pandemia è stata combattuta a suon di norme: secondo il sito Openpolis sono stati complessivamente emanati 945 atti per contrastare l’avanzata del coronavirus nel nostro paese, per una media di circa 34 al mese, più di uno al giorno, inclusi i festivi. I primi mesi del 2020 sono stati i più intensi dal punto di vista di questa produzione: a febbraio sono stati pubblicati 67 atti Covid, a marzo 103, ad aprile 65. Nel 2022, ad oggi gli atti pubblicati sono 96. Non solo il governo e i ministeri, quasi ogni articolazione dello stato è stata presa da un furore normativo che la ha spinto a sindacare su ogni possibile argomento: da cosa utilizzare per lavarsi le mani alle distanze interpersonali da tenere. Ci si è trovati ad assistere ad esibizioni di personaggi che sembravano godere nel litigare tra di loro su chi spaccava meglio il capello in quattro e terrorizzare una popolazione che aveva già i suoi problemi, possibilmente da risolvere e almeno da gestire.
Proteggendo le acque sotterranee, si salvano vite ed ecosistemi, si migliora la salute, si riduce la fame, riducendo la necessità di migrazione e si combatte il cambiamento climatico.
La costruzione di una grande opera infrastrutturale implica che una valanga di denaro si riverserà sul territorio in cui si svilupperanno i cantieri. Tanto andrà alle grandi imprese esecutrici, che hanno sede magari in un’altra nazione. Ma tanti soldi verranno distribuiti nelle aree dei lavori: gli operai e i tecnici non solo devono essere ospitati e sfamati, ma cercheranno anche di replicare una certa vita sociale, incontrandosi dopo il lavoro, passando il loro tempo assieme. E spendendo denaro.
Con la fine del mese di marzo si conclude ufficialmente lo stato di emergenza in conseguenza della pandemia, deliberato dal Governo il 31 gennaio 2020. Lo stato di emergenza è uno strumento amministrativo che attribuisce alla Protezione civile il potere di ordinanza, in un numero limitato di argomenti, come ad esempio l’organizzazione e la gestione dei servizi di soccorso e di assistenza alla popolazione interessata e il ripristino della funzionalità dei servizi pubblici e delle infrastrutture di rete strategiche. Il 23 febbraio dello stesso anno, il Governo ha inaugurato una modalità di gestione della normativa emergenziale non prevista esplicitamente dall’ordinamento, ma che è diventata rapidamente lo standard cui si sono conformati gli atti successivi, anche quando la composizione di questo è cambiata.
Il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 marzo 2020 conteneva “raccomandazioni” per le attività produttive e professionali, tra cui quella che sosteneva l’applicazione di un documento intitolato “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro”, un accordo tra associazioni datoriali e sindacali, redatto con la mediazione del Ministro dell’economia, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della salute. Questo documento, in seguito, ha avuto diverse revisioni, sia a livello nazionale che a livello locale, delle Regioni, e le sue indicazioni sono diventate il riferimento per la definizione delle misure per la prevenzione dal contagio da COVID-19 negli ambienti di lavoro.
I disturbi muscoloscheletrici, detti anche DMS, sono il problema che accusano più frequentemente i lavoratori. Un’istantanea della situazione attuale attraverso i dati a disposizione, illustra il piano d’azione proposto dall’Unione Europea ed evidenzia gli strumenti a disposizione.
Il Decreto Legislativo 231 del 2001 stabilisce la responsabilità amministrativa degli enti forniti di personalità giuridica e delle società e associazioni anche prive di personalità giuridica, in relazione alla commissione di particolari reati che possono essere commessi a loro interesse o a loro vantaggio, da persone che svolgono la loro attività per loro conto, anche di fatto. In sostanza, qualora un rappresentante, un dirigente o anche un semplice dipendente di una particolare organizzazione, o una persona che agisce come tale, pur senza regolare assunzione o formalizzazione del rapporto professionale, dovesse essere trovata responsabile di avere commesso un particolare reato presupposto, oltre che la persona fisica che ha commesso il reato, ne risponderebbe anche l’organizzazione cui fa riferimento. La norma stabilisce alcune limitazioni della responsabilità dell’organizzazione, le più interessanti sono il fatto che la condotta individuata come reato deve avere come scopo il perseguimento di un interesse o di un vantaggio per l’ente e l’avere affidato ad un organismo definito il compito di vigilare sul funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento di un modello di gestione idoneo a prevenire i reati presupposto.
L’obiettivo di un modello in relazione ai reati contro la salute, la sicurezza e l’ambiente, dovrebbe quindi essere quello di prevenire infortuni, malattie professionali e incidenti ambientali. Un modello è, o dovrebbe essere, un sistema di gestione, integrato da un sistema sanzionatorio sul quale vigila un organismo di vigilanza, ed è funzionale innanzitutto se possiede le caratteristiche previste dallo standard di riferimento, e ne rispetta i requisiti.
Il documento “Foresight Study on the Circular Economy and its effects on Occupational Safety and Health”, “Studio di previsione sull’economia circolare e i suoi effetti sulla sicurezza e la salute sul lavoro” è un interessante pezzo a cavallo tra science fiction e manifesto politico. Gli scenari individuati per il 2040 variano da una età green del latte e del miele (The roaring 40s – fully circular and inclusive), alla descrizione di varie distopie, alcune più inquietanti delle altre.
One thing is easy to say: 2022 will not end the pandemic. Net of the possible variants, we will continue to perceive the consequences of COVID-19 for many years. In wealthier countries, infections and implications will decrease as the vaccine distribution progresses, but unfortunately, things will not go that way in the rest of the world. Even with the best intentions of international organizations and the most sensitive nations, it is unlikely that the process for the mass vaccination of all humanity, plus the need to repeat it after months, will eradicate the virus within the following year. Country closures, lockdowns and travel blocks will affect the world for some time yet. There will still be loss of life and turmoil in the economy, even more significant than what we are experiencing today. The consequences, however, will hit the poorest classes and countries the most worldwide.
To offset the economic consequences of the pandemic, the governments of the wealthiest countries and large international organizations are now setting up programs for the development of economies around the world, which will begin to manifest themselves in 2022. The counter-cyclical solution par excellence is the construction of new infrastructures, which are the basis for the development of commercial activities. We must therefore expect an increase in demand and circulation in the world of physical goods, from fuels to steel, but also of intangible ones, skills. Opportunities will open up both for established professionals, especially those who want to challenge themselves, and for young people who will enter the job market for the first time. The most competent and motivated ones will be those with the most opportunities.
The climate disruptions that we are all starting to notice, extreme unseasonal temperatures, weather phenomena that have never been seen in some geographic areas and the fact that this kind of news has entered the news mainstream are transforming these issues into ordinary conversation topics. The major international meetings, which until a few years ago were attended by environmental nerds and third-world activists, have become popular events such as Champions League finals or rock concerts. Sustainability has become accessible to everyone, who therefore pays those who can boast of it in popularity and visibility.
Large international organizations, multinationals, governments, and investment and development banks are beginning to perceive the possibility of obtaining a return from these issues. They are pushing for the concepts of corporate sustainability to expand from the top of large industries downwards along the whole supply chain. This is also influencing the definition of professional profiles: considering the environment in its extended meaning of what surrounds us, including air, water, land, natural resources, flora, fauna and humans and their relationships, has led to considering practical to integrate the management of health and safety at work and relations with interested parties into the skills of those involved in this discipline.
The new role of the ESHS manager, the acronym for Environmental, Social, Health and Safety, is being born, which sees the protection of health and safety as a part of environmental protection. It will replace those who deal “only” with HSE. To become suppliers or subcontractors of the international giants, which manage these rivers of money, a smaller company will have to adopt safer and more ecological working methods, certify its processes and be subject to controls by independent bodies appointed by the various levels of the client to which they respond: employer or main contractor. This will undeniably stimulate the preparation and updating of professionals and the competitiveness of companies, transforming itself into a factor of economic and social growth.
Are we on the eve of a new era of milk and honey? Will a new regenerated, sustainable, and supportive humanity emerge from the pandemic and climate crisis? Or will man not be able to ignore his legacy, the eternal homo homini lupus, man is the wolf of man? Maybe, sadly, is it just too late?
Well, one thing is for sure, we will not die of boredom.