ISO 45001 e conformità – gestione del cantiere e aggiornamento del PSC | AIAS Academy.

La gestione della sicurezza nei cantieri ha bisogno di un cambio di passo: non bastano più le check list e i verbali a norma, serve una strategia. I sistemi di gestione hanno insegnato che per migliorare davvero le prestazioni servono dati, processi e decisioni consapevoli. La ISO 45001 ha aperto questa strada, ma è con la recente ISO 45004 che arrivano indicazioni operative per misurare, monitorare e valutare le prestazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Il coordinatore di cantiere, oggi, può – e dovrebbe – usare indicatori concreti per orientare le ispezioni, valutare i rischi residui, aggiornare in modo sensato il PSC.

Basta considerare il Piano come un documento statico: è uno strumento di lavoro che deve riflettere l’evoluzione del cantiere, le decisioni delle imprese, le condizioni reali. La nuova norma sottolinea l’importanza di distinguere tra ciò che è conforme, ciò che può essere migliorato e ciò che richiede un’azione correttiva strutturata. Il ciclo di Deming si completa solo se anche la fase “Act” – oggi assente dal quadro normativo – diventa prassi concreta nei cantieri.

Se vuoi imparare come applicare questi concetti e trasformare il tuo coordinamento in un’attività strategica, iscriviti al corsoISO 45001 e conformità – gestione del cantiere e aggiornamento del PSCdi AIAS Academy il prossimo 28 luglio.

Migliorare la valutazione delle prestazioni della sicurezza sul lavoro? Con ISO 45004 si può | Teknoring

La norma ISO 45004 fornisce un quadro metodologico per valutare le prestazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, combinando indicatori di ritardo (lagging) e di anticipazione (leading). Mentre i primi misurano eventi passati come infortuni e malattie, i secondi analizzano azioni preventive e comportamenti proattivi, offrendo una visione più completa della gestione della sicurezza. Questo approccio aiuta le aziende a individuare aree di miglioramento, ottimizzare le strategie di prevenzione e rafforzare la cultura della sicurezza.

L’implementazione della norma supporta il raggiungimento della conformità legale, riducendo i rischi e migliorando il benessere dei lavoratori. Inoltre, permette alle organizzazioni di passare da un controllo reattivo a un sistema di gestione basato su prevenzione e miglioramento continuo. Adottare ISO 45004 significa investire in un modello più efficace e dinamico di sicurezza sul lavoro, con benefici sia per le persone che per le performance aziendali.

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Sicurezza nei cantieri di costruzione: una guida ai rischi nei diversi ambienti | Vistra

    La sicurezza nel settore delle costruzioni richiede un’attenzione costante a ogni fase del progetto e a ogni ruolo coinvolto. I cantieri di grandi dimensioni prevedono l’uso di macchinari pesanti e lavori in quota, aumentando i rischi per i lavoratori. Nelle ristrutturazioni, la stabilità delle strutture e la presenza di materiali nocivi come l’amianto rendono necessaria una pianificazione meticolosa.

    Le manutenzioni industriali presentano pericoli specifici, tra cui interferenze con impianti attivi e rischi elettrici, che richiedono procedure rigorose come il lockout/tagout. La costruzione di una cultura della sicurezza, fondata su formazione continua e responsabilizzazione di tutti, è un fattore decisivo per ridurre gli infortuni. Investire in procedure adeguate e tecnologie innovative permette di ridurre le emergenze, garantendo al tempo stesso efficienza e competitività nei cantieri.

    Organizzare cantieri internazionali in Italia: evitare duplicazioni e garantire la compliance

    Sempre più spesso aziende multinazionali operano in Italia applicando modelli organizzativi consolidati in altri contesti, senza interrogarsi sulla loro effettiva praticità. Al contrario di quanto ci si aspetta da questo comportamento, si tratta di una tendenza con la potenzialità di generare problemi rilevanti, soprattutto nella gestione dei cantieri, dove la normativa italiana impone requisiti specifici in materia di sicurezza e salute.

    Adattare modelli globali alla realtà italiana

    Una delle principali problematiche riguarda l’introduzione di figure professionali aggiuntive, definite nei protocolli Corporate, che si sovrappongono ai ruoli previsti dalla legge italiana, come il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Esecuzione. Questi incarichi paralleli, invece di rafforzare il controllo, creano ambiguità e duplicazioni che complicano la gestione e aumentano il rischio di violazioni normative. Anche i protocolli aziendali, concepiti per standard internazionali, finiscono spesso per sovrapporsi ai Piani di Sicurezza e Coordinamento, una integrazione che può compromettere la coerenza e l’efficacia operativa, creando vulnerabilità che emergono in modo critico durante ispezioni o incidenti. Inoltre, il principio di effettività, cardine della normativa italiana, impone che la responsabilità ricada non solo su chi ha un incarico formale, ma anche su chi esercita poteri direttivi di fatto. Di conseguenza, queste figure aziendali, non ufficialmente riconosciute dalla normativa, possono essere chiamate a rispondere penalmente, solo per il fatto di essere un ulteriore livello (spurio) di controllo.

    Affrontare la gestione dei cantieri in Italia richiede un approccio basato sulla conoscenza della normativa, sulla definizione precisa di ruoli e responsabilità e sull’integrazione dei protocolli aziendali con quelli previsti dalla legge.

    Il ruolo del PSC e i limiti dei protocolli aziendali

    Il PSC è lo strumento centrale per garantire la sicurezza nei cantieri italiani: definisce i rischi, le misure di prevenzione e le responsabilità operative. È un documento progettato per adattarsi alle specificità del cantiere e del contesto normativo locale, fornendo indicazioni chiare e vincolanti. Le Corporate policies, elaborate secondo standard internazionali, spesso introducono procedure parallele che non si integrano con il PSC, generando potenziali problemi: l’applicazione di protocolli aziendali non integrati, infatti, può creare vulnerabilità operative. Sia nella gestione ordinaria dei lavori come in caso di ispezioni, le incongruenze tra i documenti possono sollevare dubbi sulla gestione della sicurezza, mentre in caso di incidenti possono emergere responsabilità multiple e contraddittorie.

    L’adozione di procedure aziendali parallele, infatti, rischia di svuotare il PSC della sua funzione centrale di coordinamento e controllo del cantiere, lasciandolo privo della capacità effettiva di governare le attività e di garantire il rispetto delle misure di sicurezza. In condizioni ordinarie, questa frammentazione può tradursi nella difficoltà nell’identificare i soggetti a cui “dar retta”; in caso di infortunio semplicemente fa aumentare il numero delle persone indagate e imputate in procedimenti penali.

    Integrare i protocolli aziendali nei PSC non è soltanto un’opzione consigliabile, ma un passaggio necessario per evitare criticità operative e legali. Armonizzare i protocolli aziendali con il PSC non significa rinunciare agli standard globali, ma assicurarsi che questi siano pienamente compatibili con le disposizioni locali, rafforzando la coerenza delle procedure e garantendo un controllo più efficace sul cantiere.

    La sovrapposizione di figure professionali

    Un problema comune nei cantieri internazionali è l’introduzione di figure parallele ai ruoli previsti dalla normativa italiana. In particolare, il CSE ha compiti ben definiti, che includono il coordinamento delle attività e la verifica delle misure di sicurezza. Tuttavia, le aziende spesso aggiungono consulenti o responsabili con mansioni simili, creando confusione e ambiguità. Tutto questo senza avere regolamentato a fondo l’interfaccia di questi ruoli con quelli previsti dalla legge, avendo considerato che la normativa italiana si basa sul principio di effettività, secondo cui chi esercita poteri direttivi, anche senza un incarico formale, può essere ritenuto responsabile in caso di violazioni. Un principio che rende particolarmente rischiosa la creazione di figure non riconosciute dalla legge, che potrebbero trovarsi coinvolte in procedimenti penali per omissioni o negligenze.

    Di frequente, queste posizioni vengono proposte a liberi professionisti lavoratori autonomi, pur imponendo orari fissi o la presenza continua in cantiere, senza tener conto che il contratto d’opera non ammette alcuna forma di subordinazione. Se, di fatto, questo tecnico è soggetto a vincoli gerarchici o turni prestabiliti, il contratto potrebbe di essere annullato, su sua richiesta o degli organismi di controllo, e trasformato in un rapporto subordinato, con conseguenze legali ed economiche rilevanti per il cliente/datore di lavoro. Inoltre, un utilizzo improprio del contratto d’opera potrebbe configurarsi come elusione degli obblighi previdenziali: per un professionista iscritto a Inarcassa, i contributi ammontano a circa il 14% del reddito professionale netto e al 4% del fatturato lordo, mentre, per un lavoratore dipendente, l’aliquota totale si avvicina al 33% della retribuzione annua lorda.

    Infine, un ulteriore rischio è legato alla norma sulla Responsabilità Amministrativa degli Enti, definita dal D.Lgs. 231 del 2001, che prevede pesanti sanzioni amministrative a carico delle aziende, per incidenti sul lavoro, postulando un vantaggio economico nei comportamenti che si sono rivelati violazione delle norme. Non sia mai che questo tipo di organizzazione, la presenza di ruoli non integrati o di procedure incoerenti, possa essere interpretata come una gestione superficiale della sicurezza, aggravando la posizione dell’azienda.

    Integrare, semplificare e adattare

    Una policy che impone il rispetto delle regole funziona solo se c’è, innanzitutto, un’effettiva conoscenza di quelle stesse regole e, subito dopo, la volontà di applicarle in modo concreto. Evitare la creazione di figure parallele e chiarire compiti, poteri e limiti operativi di ogni incarico aiuta a ridurre ambiguità e conflitti, rendendo la catena di comando più solida. Allo stesso tempo, è fondamentale che i rapporti con i lavoratori autonomi siano in linea con la normativa italiana, per scongiurare la subordinazione mascherata. In quest’ottica, l’integrazione dei protocolli aziendali nel PSC diventa uno strumento prezioso per eliminare duplicazioni, definire con precisione i ruoli e garantire un’organizzazione più efficace delle procedure.

    Adottare un approccio basato sulla conoscenza delle leggi locali e sull’adeguamento dei propri modelli organizzativi consente di costruire cantieri più sicuri, di evitare sanzioni e di valorizzare la credibilità dell’azienda. Questo non implica un appesantimento delle procedure, ma un rafforzamento dell’organizzazione e una riduzione dei rischi, sia operativi che legali.

    Patente a Punti: da sistema di verifica a sistema di qualificazione | Ambiente e Lavoro

    Il prossimo 20 novembre, grazie all’ospitalità di Faraone Industrie Spa, avrò il piacere di intervenire ad Ambiente e Lavoro per parlare della patente a punti come strumento di qualificazione per le imprese.

    Questo sistema può diventare un vero e proprio asset per la crescita aziendale.
    Vi aspetto a Bologna (cliccate qui per prenotarvi), per condividere idee e best practice che possano dare un contributo reale e immediato al nostro settore.

    Il decreto per la patente a punti: un nuovo approccio alla sicurezza nei cantieri? | ISL

    La patente a punti per le imprese edili è un sistema introdotto per incentivare il miglioramento della sicurezza sul lavoro, che avrebbe l’obiettivo di premiare le aziende che adottano misure efficaci di prevenzione degli infortuni e penalizzando quelle che non rispettano le normative. La riforma dell’articolo 27 del Decreto Legislativo 81/2008, in realtà, non ha soddisfatto le aspettative, ma il decreto attuativo recentemente pubblicato potrebbe rappresentare un cambio di rotta, a condizione che si superi l’approccio punitivo e si promuova una cultura della prevenzione. Il sistema di crediti potrebbe incentivare le piccole imprese a collaborare con quelle più grandi, stimolando una maggiore professionalizzazione del settore.

    Tuttavia, è curioso come le prime interpretazioni dell’INL facciano sembrare questa riforma l’ennesimo adempimento burocratico, invece di una reale opportunità di crescita. Sembra che la burocrazia abbia l’abilità di complicare anche i provvedimenti più semplici, rendendoli difficili da applicare in pratica. Un vero cambiamento richiede che tutte le parti interessate, indipendentemente da quale parte “appartengono”, valutino l’efficacia reale dei loro processi di sicurezza. Solo con un impegno concreto e diffuso, questo sistema potrà portare benefici tangibili.

    Leggi l’articolo Il decreto per la patente a punti: un nuovo approccio alla sicurezza nei cantieri? sul numero 10/2024 di ISL.

    Finalmente un nuovo approccio alla sicurezza nei cantieri edili: la bozza del Decreto Ministeriale per la patente a punti | Teknoring

    Il nuovo provvedimento non solo migliora la trasparenza e la responsabilità delle imprese, ma promuove anche una cultura della sicurezza più forte e diffusa. Le aziende sono motivate a investire costantemente in sicurezza, consapevoli che questo non solo riduce il rischio di incidenti, ma migliora anche la loro efficienza organizzativa e operativa.

    L’adozione di sistemi di gestione avanzati, l’utilizzo di macchinari moderni e l’investimento nella formazione del personale non solo incrementano la loro competitività nelle gare d’appalto, ma consolidano anche una forza lavoro più qualificata e stabile. Questo approccio integrato non solo migliora le prestazioni complessive dell’azienda, ma promuove anche una cultura della sicurezza più solida e radicata.

    Puoi leggere l’articolo Finalmente un nuovo approccio alla sicurezza nei cantieri edili: la bozza del Decreto Ministeriale per la patente a punti su Teknoring.

    Un quesito su imprese comunitarie e normativa italiana sulla sicurezza del lavoro

    Un collega, dopo aver letto questo mio articolo su Teknoring, mi ha contattato per discutere un caso specifico: un’impresa comunitaria affidataria di un cantiere per la ristrutturazione di un edificio.

    Il consulente dell’impresa sostiene che non vi sia obbligo di applicare la normativa italiana sulla sicurezza sul lavoro relativamente a formazione, sorveglianza sanitaria, eccetera, facendo riferimento alla libertà di prestazione dei servizi nell’UE (artt. da 56 a 62 del TFUE), alla Direttiva 2005/36/CE (e sue modifiche con la Direttiva 2013/55/UE), e alle direttive quadro 89/391/CEE e 92/57/CEE.

    È importante sapere che queste Direttive hanno impegnato i paesi membri al loro recepimento, e sono vincolanti per il cittadino nella misura in cui i loro criteri sono stati adottati dalla legislazione nazionale, e non nel loro testo originale. Bisognerà quindi fare riferimento alla legge italiana e, eventualmente, fare ricorso al TAR o alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che può essere avviato tramite una richiesta di pronuncia pregiudiziale da parte del giudice italiano.

    Poi, nel nostro paese, vale l’interpretazione letterale della norma, e non si possono applicare i casi per analogia (art. 12 delle Preleggi). Dunque, né la direttiva 89/391/CEE (direttiva quadro su salute e sicurezza, recepita in Italia con il Titolo I del D.Lgs. 81/2008), né la 92/57/CEE (direttiva cantieri, equivalente al Titolo IV) affrontano il tema delle imprese straniere (comunitarie). In particolare, non è scritto da nessuna parte il parallelismo tra requisiti della nazione di origine e quelli italiani. Questo è molto importante, perché l’articolo 3 del Codice Penale stabilisce la validità della legge penale italiana sul territorio dello Stato, a meno che non ci siano eccezioni, che devono essere indicate specificamente e non genericamente. Le violazioni alle prescrizioni del D.Lgs. 81/2008 sono sanzionate penalmente, per cui sono valide – alla lettera – per chiunque faccia business in Italia, a prescindere dal paese di provenienza.

    Il TFUE, Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, è uno dei principali trattati che definisce le competenze, le politiche e le procedure dell’Unione Europea, compresa la regolamentazione del mercato interno e la cooperazione tra gli stati membri e gli articoli da 49 a 55 trattano il diritto di stabilimento e da 56 a 62 i servizi. In particolare, il TFUE garantisce la libera prestazione dei servizi all’interno dell’UE, permettendo ai prestatori di servizi di operare temporaneamente in un altro Stato membro senza restrizioni di nazionalità o residenza, e con le stesse condizioni applicate ai cittadini di quello Stato (artt. 56, 57, par. 3, e 61 ). Un’impresa straniera ma comunitaria, quindi può fare liberamente business in Italia, ma alle stesse condizioni delle imprese italiane. Anche qui, il TFUE è stato recepito dalla legislazione italiana, e quindi non è possibile fare riferimento a questo in maniera diretta, ma occorre rispettare la norma italiana.

    Se volete approfondire questo tema, vi consiglio di leggere la pagina Avviare ed espandere una impresa nell’UE. Spoiler: «Non si può tuttavia dare per scontato che sia possibile fornire servizi senza costituire una società a livello locale. Tutto dipende dalla frequenza, durata e regolarità dei servizi che intendi prestare, oltre che dal tipo di servizio».

    Infine, la Direttiva 2005/36/CE che cita il consulente affronta il tema delle professioni regolamentate (ambito di applicazione), che, per brevità, sono quelle elencate in questo sito. Chi esercita una professione regolamentata, quindi, può farsi riconoscere la qualifica professionale nei paesi UE. Come chiunque può vedere, tra queste non ci sono i ruoli previsti dal D.Lgs. 81/2008 e, comunque, la formazione per la sicurezza difficilmente può essere riconosciuta come qualifica professionale.

    In conclusione, la legislazione italiana in materia di sicurezza sul lavoro si applica rigorosamente e indistintamente a tutte le imprese operanti sul territorio nazionale, indipendentemente dalla loro origine.

    Il 15 ottobre prossimo condurrò un webinar su questo argomento. Per informazioni e iscrizioni potete cliccare qui.

    Infortuni sul lavoro e politica: un fallimento costante

    La patente a punti per i cantieri temporanei e mobili sembra essere vicina a diventare realtà. Sembra perché il Governo ha reso pubblico uno «Schema di decreto-legge recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”», che però non è ancora apparso in Gazzetta Ufficiale e del quale non sono state divulgate informazioni sulla emissione.

    Il provvedimento modifica l’articolo 27 – Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, quello che aveva promesso invano un regolamento per definire il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, entro l’aprile del 2009. Ora il Ministero del lavoro e delle politiche sociali – che lo doveva proporre – e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e Province autonome di Trento e di Bolzano – che doveva dare il suo parere – vengono scavalcati, e il sistema di qualificazione è realtà. Ci sarà ancora un poco da aspettare, però.

    La prima notizia è che gli obiettivi originali dell’articolo 27 sono stati ridimensionati: il sistema di qualificazione doveva essere generale – e qui invece, molto meno ambiziosamente, è relativo solo a chi opera nei cantieri edili – ed essere basato su sull’esperienza, competenza e formazione specifica, e sull’adozione di standard contrattuali e organizzativi, compresi quelli relativi agli appalti e al lavoro flessibile, conformi al decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modifiche, analisi apparentemente troppo ambiziosa per essere sviluppata.

    Certificare l’ovvio

    La patente a punti viene emessa dalla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, e certifica l’ovvio, ovvero:

    • L’azienda è iscritta alla CCIAA;
    • Datore di lavoro (chissà quando), dirigenti, preposti e lavoratori hanno soddisfatto gli obblighi di formazione;
    • I lavoratori autonomi soddisfano gli obblighi del Decreto Legislativo 81/2008, senza soffermarsi in quell’esercizio inutile di definire quali;
    • Ha un DURC valido;
    • Ha un DVR, comunque sia, perché a trent’anni dalla sua istituzione, istituzioni e comunità professionali non hanno ancora trovato un accordo su come dovrebbe essere redatto, anche a causa della complessità della normativa e degli strumenti di controllo;
    • Ha un DURF valido.

    Pensare a come saranno gestite queste informazioni fa venire i brividi: un DURC è valido tre mesi, un DURF quattro: in Italia il settore delle costruzioni vanta 520.212 imprese, escludendo specialisti non edili, come gli impiantisti, e lavoratori autonomi. Secondo il Decreto Dirigenziale n 49 del 27 luglio 2023, la dotazione organica dell’INL consiste in 7.841 addetti, di cui 2.294 ispettori civili, dei quali 240 tecnici, 942 ispettori dell’INPS, 223 ispettori dell’INAIL, 389 militari dell’Arma dei Carabinieri. Questi fanno ispezioni, ed è auspicabile che non siano distolti dalle loro operazioni per processare carte.

    Tolleranza zero virgola

    Secondo un semplice calcolo matematico, ogni anno tutti i funzionari dell’INL senza qualifica ispettiva, compresi i dirigenti, dovranno processare almeno 650 documenti circa, tra DURC e DURF per imprese edili, senza considerare altre specialità, lavoratori autonomi o variazioni, rinunciando alle loro attuali responsabilità. C’è da chiedersi come saranno gestiti gli aggiornamenti. Molte aziende assumono i lavoratori a tempo determinato, quanto le commesse partono. Come saranno verificati gli obblighi di formazione?

    Il nuovo schema di decreto-legge lo ha già previsto: «Nelle more del rilascio della patente è comunque consentito lo svolgimento delle attività di cui al Titolo IV, salva diversa comunicazione notificata dalla competente sede dell’Ispettorato del lavoro». Se non ti diciamo niente, tu intanto lavora. Ci penseremo dopo.

    Il meccanismo in sé è semplice: la patente è dotata di un punteggio iniziale di trenta crediti, che vengono detratti in conseguenza di violazioni, come quelle riportate nell’Allegato I del D.Lgs. 81/2008, ovvero quelle condizioni in cui l’ispettore deve procedere alla sospensione delle attività (10 crediti), o nell’Allegato XII, che è quell’elenco di lavori che comportano rischi particolari, come i lavori che comportano rischi di seppellimento, caduta dall’alto, esplosione da ordigni bellici, esposizione a sostanze pericolose, radiazioni ionizzanti, linee elettriche, annegamento, lavoro in pozzi, gallerie, subacquei, cassoni ad aria compressa, impiego di esplosivi e montaggio di elementi prefabbricati pesanti, che sono soggetti a norme speciali per la sicurezza dei lavoratori, ovviamente quando queste non vengono rispettate (7 crediti). Anche la violazione all’articolo 3, comma 3 e seguenti, del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12 convertito dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, una legge scritta in modo orribile riguardante il lavoro nero, è punita con la perdita di 5 crediti.

    La responsabilità del datore di lavoro per un infortunio sul luogo di lavoro che causa la morte equivale a 20 crediti. Se l’infortunio provoca un’inabilità permanente assoluta o parziale al lavoro, il datore di lavoro è responsabile per 15 crediti. Per un’inabilità temporanea assoluta che richiede un’astensione dal lavoro di più di quaranta giorni, la responsabilità del datore di lavoro è di dieci crediti. Naturalmente la responsabilità dovrà essere riconosciuta da un tribunale: secondo il Ministero della Giustizia, la durata media dei processi è di tre anni per i procedimenti in primo grado, due anni per i procedimenti in appello e un anno per i procedimenti in Cassazione, per cui i punti saranno decurtati sei anni dopo i fatti, per un ricorso che arriva fino alla suprema corte. Però «nei casi infortuni da cui sia derivata la morte o un’inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, la competente sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro può sospendere, in via cautelativa, la patente fino a un massimo di dodici mesi». Fioccheranno i ricorsi al TAR.

    Una volta superati i quindici crediti, le imprese non potranno più svolgere attività, salvo il completamento dei lavori in corso. Tolleranza zero virgola. Qualsiasi impresa trovata a operare senza la licenza o con meno di quindici crediti sarà multata da 6.000 a 12.000 euro; i punti potranno essere recuperati solo se il responsabile della violazione frequenterà un corso per datore di lavoro, dirigente o preposto, e trasmetterà l’attestato all’INL. Le imprese con l’attestato di qualificazione SOA di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36, non sono soggette a tali regole.

    La tutela apparente

    Con questo provvedimento, la politica conferma il suo tradizionale approccio verso la tutela dei lavoratori, evidenziando la caratteristica del nostro sistema normativo. L’obiettivo sembra limitarsi a trasmettere un messaggio alla base elettorale, senza considerare se le modifiche saranno veramente efficaci. La conoscenza e la disponibilità delle risorse per mettere in pratica le nuove regole sembrano essere considerate solo secondarie. Probabilmente, le imprese finiranno per mostrare in cantiere semplicemente la ricevuta di consegna dei documenti all’INL, senza che a questi sia data la capacità di elaborarli correttamente, e continueranno a operare come prima. Questo ennesimo adempimento burocratico sembra non tanto mirare a distinguere le aziende virtuose da quelle meno virtuose, quanto piuttosto a certificare ciò che è ovvio. Dopotutto, credere che esistano imprese degne di nota che non sono iscritte alla CCIAA è abbastanza ingenuo.

    Quattro anni fa moriva Luana D’Orazio, la giovane madre straziata da un filatoio a Montemurlo, in provincia di Prato. Dal 3 maggio 2021 l’opinione pubblica ha mostrato un interesse costante verso gli infortuni sul lavoro, e si è iniziata finalmente a diffondere l’idea che non siano più accettabili. A partire da allora i governi che si sono succeduti hanno dato solo risposte superficiali ed inefficaci. Sarebbe ora di smetterla di usare questi argomenti per la campagna elettorale permanente che siamo costretti a subire.

    Gestione della sicurezza nel settore delle energie rinnovabili: tendenze e best practices | Teknoring

    Il settore delle energie rinnovabili, in crescita costante, richiede una gestione efficace dei rischi legati alle tecnologie innovative come l’energia solare ed eolica. L’innovazione introduce nuovi strumenti e complessità operativa, aumentando la necessità di standard rigorosi per garantire la sicurezza del personale e la sostenibilità ambientale.

    La selezione accurata dei fornitori e l’implementazione di tecnologie avanzate sono fondamentali per mantenere un ambiente di lavoro sicuro ed efficiente, contribuendo al successo e alla crescita del settore.

    Puoi leggere l’articolo Gestione della sicurezza nel settore delle energie rinnovabili: tendenze e best practices su Teknoring.