Il rapporto tra il coordinatore e l’RSPP: quattro scenari – webinar

Non si può dire che il Titolo IV del Decreto Legislativo 81/2008 abbia avuto un particolare successo: il recepimento italiano della direttiva 92/57/CEE è una norma involuta, che è stata scritta da qualcuno che non aveva particolari conoscenze relative al settore economico che andava a regolamentare.

Per questo motivo, è stata calata dall’alto nel mondo dell’edilizia, con il semplice effetto di creare un nuovo processo, che si è affiancato a quelli esistenti, senza influenzarli più di tanto, al netto di poche esperienze positive, che risaltano tanto più in quanto svettano in un panorama di mediocrità desolante. Tra le varie cose, l’interfaccia tra gli obblighi previsti dal Titolo I, che stabilisce i criteri con i quali è necessario organizzare l’azienda con l’obiettivo della protezione e prevenzione dei rischi, e quelli previsti dal Titolo IV, relativo ai soli cantieri temporanei e mobili, è di difficile interpretazione.

Il Titolo I e il Titolo IV del D.Lgs. 81/2008 sono intesi gestire due condizioni distinte, che però in alcune situazioni possono sovrapporsi. Questo corso individua le situazioni in cui il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione e il Coordinatore per la sicurezza possono entrare in contatto, e analizza gli obblighi e le responsabilità di queste figure, a seconda dei punti di vista:

  • il RSPP di una impresa di costruzioni, e il Coordinatore di un progetto in cui questa opera;
  • il RSPP di uno stabilimento industriale, e il Coordinatore delle opere edili che vengono eseguite al suo interno.

Online il 25 giugno con AIAS ACADEMY, info qui: https://lnkd.in/de4ivFs

Il CSE: quello che non deve chiedere

I social che si rivolgono ai professionisti possono essere senz’altro un fattore positivo nello sviluppo di un’attività: migliorano la possibilità di sviluppare contatti e di essere aggiornati sulle novità. L’esperienza però può diventare deludente quando si tratta di scambiarsi opinioni, specialmente se si utilizzano le sole possibilità fornite dai post. Le limitazioni dei contenuti, poche centinaia di battute, impediscono di sviluppare discorsi anche solo appena approfonditi. Inoltre, sempre i post, sembrano essere stati ideati come sostitutivi della normale conversazione, ma la mancanza di tutto l’apparato di comunicazione indiretta, postura, atteggiamento, espressione del volto e del corpo, possono generare e generano di frequente fraintendimenti. È facile percepire come aggressivo quello che non è o che non vuole essere, e allora la conversazione trascende.

Qualche giorno fa, su LinkedIn, mi sono imbattuto in un post relativo all’articolo Compiti del CSE: piani di sicurezza, cooperazione e coordinamento, pubblicato sul benemerito portale Punto Sicuro, che da oltre vent’anni produce contenuti di qualità. Leggendolo, ho notato un paio di cose che ho pensato meritassero essere discusse, con lo scopo – come si diceva una volta – del miglioramento della professione. Siccome non ho nessun interesse a fare polemiche, e mi è sembrato che il mio intervento fosse stato frainteso, ovvero che mi fossi spiegato male, ho deciso di prendermi lo spazio necessario ad articolare il mio pensiero.

Il CSE “non ha richiesto”

In quell’articolo sono rimasto colpito in particolare da un dispositivo della sentenza della Cassazione Penale, Sezione Quarta, numero 2845 del 25 gennaio del 2021, che contesta il comportamento omissivo del CSE perché questi non aveva “richiesto alla ditta appaltatrice l’osservanza di corrette procedure di lavoro”.

La mia opinione è che questa sia una scelta infelice di parole, tanto più che il concetto cui fa riferimento, viene ripetuto poco oltre – “per non avere sollecitato l’appaltatore alla messa a norma del ponteggio”. Ho sempre pensato che il comportamento che deve essere richiesto quando una qualche figura ha delle responsabilità stabilite da una legge, fosse quello richiesto nella legge stessa, ma non leggo in nessuna delle lettere dell’articolo 92 c. 1 del D.Lgs. 81/2008 che il CSE abbia l’obbligo di richiedere e sollecitare all’appaltatore il rispetto delle norme. A prescindere che esse derivino da norme di legge (la protezione dei lavoratori in generale), o da un contratto ed una legge (il contenuto del PSC). Il CSE, nel caso osservi violazioni al contenuto del PSC o, più in generale, alle buone prassi nella sua accezione più ampia – è così che definirò in maniera molto ampia il contenuto degli articoli 94, 95, 96 e 97 comma 1 – non chiede o sollecita: contesta per iscritto e segnala al committente o responsabile dei lavori, con le modalità stabilite dalla lettera e), sempre dell’art. 92 c.1. In caso di pericolo grave e imminente, direttamente contestato, sospende i lavori. Punto.

Per approfondire, questo articolo esamina gli obblighi definiti dall’articolo 92 del D.Lgs. 81/2008

Oserei anzi dire, che se mi trovassi in una condizione in cui mi accorgo che il CSE ha documentato di avere “richiesto o sollecitato” il rispetto delle regole, senza percorrere i passi appena ricordati, e questa richiesta e sollecitazione entrasse nel nesso di causalità che sfocia in un infortunio, beh, mi sentirei dispiaciuto per il collega che, non avendo compreso bene quali sono gli obblighi legali del ruolo che ricopre, si è incastrato con le proprie mani.

Sì, ma dice, “le opportune azioni di coordinamento e controllo – e qui invece stiamo parlando del comma a) dell’articolo 92 – consistono esattamente nel richiedere e sollecitare  la conformità al PSC e alla corretta applicazione delle procedure di lavoro in sicurezza”.

Coordinamento e controllo

Questa posizione non mi convince. La prima ragione è quella che ho esposto: la legge stabilisce già cosa fare in caso di deviazione dalla norma, senza dire – tra l’altro – che prima è necessario fare un tentativo, diciamo così, conciliatorio: appaltatore che non rispetti le regole, te lo chiedo una volta, poi avviso il committente o il RL. No, non è così.

Suggerimenti su come articolare l’attività ispettiva in cantiere del CSE

Il secondo motivo è, diciamo così, più sottile. Come è noto, il titolo IV del D.Lgs. 81/2008 deriva da una serie di riscritture della direttiva 92/57/CEE, che definiva regole e processi per la gestione della sicurezza nei cantieri temporanei e mobili. Nonostante i travisamenti che i concetti originali hanno subito, il pensiero di fondo rimane ancora: si tratta di una norma che ha come obiettivo regolare i processi nei progetti di ingegneria civile e non quello di determinare colpevoli. Se provate a leggere la direttiva originale, non troverete da nessuna parte che uno dei ruoli definiti dalla norma ha la responsabilità di controllare che gli altri rispettino le regole. Non c’è scritto da nessuna parte, ad esempio, che il coordinatore in fase di esecuzione verifica la corretta applicazione delle procedure di lavoro in sicurezza da parte dell’appaltatore.

Se ora, con in mente questo concetto, leggete la lettera a) dell’art. 92 del D.Lgs. 81/2008, scoprirete che non lo chiede nemmeno il Testo Unico: il CSE verifica che il contenuto di un patto contrattuale, “rinforzato” dalla legge, il PSC, sia applicato dagli appaltatori. Lo fa con azioni di coordinamento, ovvero ordinando le lavorazioni in sequenze organiche nei principi delle misure generali di tutela, e di controllo, e quindi esaminando quanto predisposto dall’affidatario allo scopo di garantirne la conformità a quanto previsto dal PSC.

Ho ricoperto il ruolo di coordinatore in progettazione e di coordinatore in esecuzione per sedici anni, con oltre dieci miliardi di euro di incarichi svolti, giungendo ad essere il riferimento per oltre settanta tecnici impegnati nel coordinamento della sicurezza in tutta Italia.

La pratica professionale

Il CSE non ha la necessità di “richiedere” le cose. L’appaltatore è già obbligato, a questo proposito. Lo dice la legge. Se entriamo nello specifico del cantiere, il fatto che il PSC sia “parte integrante del contratto di appalto” (art. 100 c. 2), fa sì che il suo contenuto sia stato accettato nel momento della sottoscrizione del contratto. L’appaltatore è obbligato, mica glielo devo chiedere!

No perché, sapete, la pratica professionale si evolve anche con la lettura delle sentenze di Cassazione negli articoli sui portali e sui social. Alcuni coordinatori poco riflessivi, già svolgono alcune attività che non hanno nulla a che fare con i propri obblighi di legge, tipo raccogliere i certificati di idoneità alla mansione o le ricevute dei DPI. Hanno visto qualcun altro farlo e gli è sembrato furbo, anche se in realtà sono comportamenti che infrangono qualche legge, ad esempio quella sulla protezione dei dati personali, o potrebbero essere usati per ipotizzare profili di responsabilità, secondo l’articolo 299, esercizio di fatto di poteri direttivi, o per colpa generica. Non vorrei trovarmi, la prossima volta che farò un audit in un cantiere, o una consulenza per un incidente, un bel modulo nuovo nuovo, in cui il CSE chiede all’appaltatore il rispetto delle norme…

Si commentano le sentenze?

Ogni tanto si sente dire che le sentenze non si commentano. E perché? Una sentenza è un artefatto umano, e quindi soggetto ad essere migliorabile, come qualsiasi altro prodotto dell’uomo. In fondo, anche l’atteggiamento della Corte di Cassazione nei confronti del CSE è cambiato nel tempo, passando da considerarlo il perno della sicurezza, anche qui una espressione infelice, ad un ruolo di alta direzione. E immagino che una parte, magari piccola, di questo mutamento sia da attribuire alle discussioni che negli anni sono state fatte nei corsi, nei convegni e nei social.

Credo che sia responsabilità della parte migliore della professione articolare le analisi ed i ragionamenti, spiegarsi senza nascondersi dietro slogan o affermazioni apodittiche, che si suppone non abbiano bisogno di essere dimostrate, con il sottinteso che se non lo sai è perché non sei all’altezza. Il nostro obiettivo deve essere quello di fornire argomenti ad un dibattito misurato e civile.

Piani di qualità: cosa sono, come si redigono e quali standard li regolano?

Come si sono evoluti i piani di qualità e i relativi sistemi di gestione per la qualità nelle aziende? Dal primo standard ISO 9000 allo standard ISO 10005:2019 che li regolamentano, ecco perché conviene rispettarli.

Perché si redigono i piani di qualità?

Si è soliti redigere piani per gestire attività e processi per i quali sono stati stabiliti particolari requisiti, in qualche modo differenti da quelli seguiti normalmente dall’organizzazione. Le attività possono essere eseguite in contesti già organizzati con sistemi di gestione e possono essere relative a specifici dipartimenti, per i quali viene «ritagliata» una determinata porzione del SGQ, condividendone in parte o totalmente gli obiettivi. Oppure possono riguardare progetti speciali, magari cambiamenti previsti e pianificati dall’organizzazione nei suoi stessi processi, e allora è possibile che siano già stati definiti obiettivi specifici. In ogni caso, la necessità di eseguire le attività secondo un piano di qualità può essere prevista nei contratti di fornitura o di appalto, assieme alla determinazione dei requisiti che l’oggetto del contratto deve avere. Se così si tratta, normalmente il piano di qualità deve essere sottoposto al committente per la sua approvazione.

Lo standard ISO 10005:2019

Lo standard ISO 10005:2019, Gestione per la qualità – Linee guida per i piani della qualità, fornisce strumenti per redigere, riesaminare, accettare, applicare e sottoporre a revisione, secondo il ciclo PDCA, i piani della qualità. È uno standard volontario, non è obbligatorio che le aziende che hanno adottato e certificato il loro SGQ secondo lo standard ISO 9001:2015 lo adottino, e il fatto che esso viene seguito non è certificabile da alcun ente. Rispetta i criteri dell’High Level Structure e l’ultima revisione è stata uniformata ai requisiti della revisione 2015 dello standard di riferimento, ISO 9001. Fornisce comunque interessanti considerazioni anche alle organizzazioni che non sono in possesso di certificazioni per il loro SGQ.

Leggi l’articolo Piani di qualità: cosa sono, come si redigono e quali standard li regolano? Su Teknoring.

Episodio 2 – Comunicare la sicurezza fa bene (e costa poco)

Farsi capire è stato sempre importante. Ma è diventato un elemento cruciale nella progettazione della sicurezza, in un’azienda come in qualsiasi organizzazione. Come colpire l’attenzione? E come gestire difficoltà linguistiche?

È on line il nuovo episodio di “Il rischio è il mio mestiere”.

International building projects – HSE People

Eastern Europe, the Middle East and, in general, developing countries, are among the most common destinations. Underestimating issues relating to safety and the environment, perhaps believing that these areas have not yet developed a sensitivity to these issues comparable to that of other countries, can be an error of assessment that will be paid dearly. In fact, it happens that these initiatives are financed by big international development banks, such as IFC, World Bank, EBRD, ADB, which is generally referred to by the collective name of Lenders, or promoted by international companies extremely sensitive to these issues, which have developed very stringent rules of conduct relating to the environment, safety and relations with the local communities.

It can be safely said that one of their main objectives, is to obtain and maintain the consent of all interested parties, starting from the populations directly concerned, up to the audience of the administrators and politicians involved, passing through the local entrepreneurial fabric to finish to the local and international public opinion. Therefore, regardless of what legislation requires and how it is actually applied, a condition that varies according to particular local and national sensitivities, for the development banks the activation and continuous updating of an evaluation of the effects of the project, which starts from local environmental, ecological and social considerations, to extend to the more general consequences on the professional and economic communities, proportionate to the scale of the project, up to where the influence of the promoted activities can be extended.

You can read the whole article here: International building projects – HSE People

Sicurezza nei cantieri: figure, ruoli, responsabilità in 11 punti

Un prontuario da scaricare su Teknoring

Il panorama delle costruzioni italiane è desolante: l’impresa media ha 2,6 addetti (dati ANCE). Ciò significa che l’organizzazione e le tecnologie mediamente sono a questo livello: di 2,6 addetti. Anche i giganti sono tali solo se considerati in relazione al nostro paese: la nostra più grande impresa è al diciottesimo posto nell’indagine internazionale che tradizionalmente viene eseguita da Guamari, la società di ricerca specialistica (rapporto 2020), con un giro d’affari dell’87% più basso della prima. Le altre sono al 38mo e al 50mo. Prima delle nostre ci sono, naturalmente, i cinesi, ma anche francesi, spagnoli, svedesi, austriaci e inglesi. Nel mondo moderno tecnologie e organizzazione sono il fattore chiave della competitività ed essere in ritardo è un problema. Il 62% delle imprese edili italiane è formata da un solo addetto, il 96% da un numero fino a nove (dati ANCE). Con questi numeri, l’aspettativa di imbattersi in una organizzazione che abbia contezza dei processi e dei requisiti normativi per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, è veramente bassa.


Di qui la scelta di redigere questo prontuario delle figure chiave della salute e della sicurezza nei cantieri, descrivendone con semplicità ed in modo diretto i comportamenti che la norma si attende, partendo naturalmente dai concetti espressi dal Titolo IV del Decreto Legislativo 81/2008, che è il riferimento per chi opera in questo settore produttivo.

Puoi scaricare il prontuario, dopo la registrazione, a questo link.

YOL IŞLƏRI ÜÇÜN TƏHLÜKƏSIZLIK TÖVSIYƏLƏRI

Quando giro per cantieri mi piace fare brevi video e riprendere immagini delle situazioni che incontro. Questo mi rende possibile fare riferimento a casi reali quando, per un qualsiasi motivo, occorre discutere il modo in cui affrontare un lavoro. Mi è tornato ancora di più utile, negli ultimi tempi, utilizzare questo materiale per produrre brevi video, questo è un esempio, per gli interventi di formazione a distanza che la pandemia ha reso necessari. Naturalmente, qui non tutte le riprese e le fotografie sono le mie, ma sono comunque di pubblico dominio: troverete i riferimenti degli autori alla fine.

Corso di formazione: Nozioni ambientali di base per HSE Manager

Capita sempre più di frequente che ai Responsabili del Servizio Prevenzione e Protezione e ai Coordinatori per la Sicurezza vengano affidate mansioni legate alla gestione di temi ambientali, all’interno dell’azienda o del cantiere. Questo corso intende fornire a questi tecnici gli elementi base relativi agli obblighi e alle soluzioni da impiegare, all’interno di un inquadramento generale più ampio, relativo ai temi e ai movimenti culturali che stanno fungendo come stimolo per il settore.

Online il 24 giugno 2021, 8 ore.

Per informazioni, vai sul sito di AIAS Academy.

Safety, Environment and Construction Companies Abroad – HSE People

The market for the construction of large infrastructures, highways, dams, subways, is now completely globalized. The main contractors are multinationals, present in different geographical areas, and they employ personnel from every nation, at different levels. The same can be said for the service companies that gravitate in this market: designers, consultants and engineers belong to a large transnational community, so much so that it is not difficult, over the years, for these people to meet again for work in different parts of the world, in new projects and roles. Under the name. Working abroad, however, you can still find more different scenarios, situations that require a reasoned approach and quite different solutions, in terms of health and safety in the workplace.

All countries have specific sector regulations, which are more or less taken into consideration, depending on how strong the pressure of public opinion is towards the protection of workers and environment. They are often enforced even with draconian measures. The contractors that intend to approach these countries must have a very well-developed organization and technological skills and, in any case, in practice, they cannot help but adopt local practices, management and even local workers. It is no coincidence that the main players in the sector have acquired companies or established important branches in these areas.

Elsewhere, unfortunately the protection of the human life and the environment is not so strongly felt, both at the government level and in public opinion. In these countries, legislation and local social pressure cease to be of reference: a responsible company must find its guidance in internal practices, having as a deterrent the social pressure of public opinion in its own country. Some nations have developed extremely strict rules on the corporate responsibility, including about offenses committed abroad. As a rule, the following are punished:

  • Extortion and corruption, undue inducement to give or promise benefits.
  • Manslaughter and negligent injuries committed in violation of the rules on the protection of health and safety at work.
  • Environmental crimes.

However, the situation also changes in these countries when dealing with projects financed by clients based in the most sensitive nations, or by international economic development banks, often identified under the collective name of Lenders. In this case it will be easy to face, often unexpectedly, the request for a remarkably high level of performance. We are living in a historical period in which great infrastructural works are sometimes viewed with suspicion: very frequently new roads, ports, railways, and infrastructures in general, are openly opposed and actively rejected by an often-noisy part of the population. In some countries it may happen that interventions by non-national capital or contractors can be interpreted as neo-colonial meddling by foreign powers, intent on reducing constituted states into economic dependence. Finally, there is always the possibility that the new infrastructure will be built in inhabited areas or characterized by particularly delicate ecosystems, causing opposition from local populations or public opinion, including international ones.

The international development banks, which are instruments of the foreign policy of the governments of the member states, have long since developed very sophisticated operational standards, which are incorporated into contracts and become the new references of construction companies, to avoid even the emergence of these problems as much as possible. These contractual requirements are frequently stricter than local mandatory legislation. Furthermore, owner companies from virtuous nations use to refer to these standards, even working outside their own country.

Basically, the areas of interest are three: environment, health and safety at work and relations with local communities and institutions. It is good to clarify: lenders pursue political objectives of maximizing consensus and minimizing negative effects, and the funded project is not their ultimate goal, but only the tool for these objectives. Thinking that, like an ordinary owner, they are exclusively interested in the realization of the project, and that for this reason they can have a negotiable approach to everything else, can lead to a rude awakening.

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Segnaletica di sicurezza sul lavoro: come e quando predisporla? – Teknoring

La segnaletica non è normalmente vista come una delle questioni prioritarie nella gestione della sicurezza. Non è difficile imbattersi in ambienti di lavoro in cui sono presenti segnali vecchi, danneggiati e scoloriti, relitti di condizioni lavorative passate e che oggi non sono più coerenti. Oppure magari segnali improvvisati, pizzini posticci applicati con nastro adesivo o, peggio, avanzi di un cartellone, senza potere capire quale prescrizione o avviso qualcuno, nel passato, ha reputato necessario trasmettere.

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